VITTORIO EMANUELE III E BENITO MUSSOLINI: DUE UOMINI FATTI PER INTENDERSI

Il 15 Giugno 1938 Sua Maestà il Re Imperatore Vittorio Emanuele III, tra ali di popolo festante, manifesta la propria inossidabile stima a Sua Eccellenza Benito Mussolini, Capo del Governo e Duce del Fascismo, visitandone ufficialmente la casa natale. Cogliamo l’occasione di tale anniversario per sfatare tanti miti, costruiti ad arte nel secondo dopoguerra, circa i rapporti personali tra il Sovrano e il Duce.    


La visita del Re Imperatore a Predappio


Il 15 Giugno del 1938 la cittadina di Predappio accoglie il suo Re, qui recatosi per rendere ufficialmente un tributo di stima ed amicizia al fedele primo ministro, ai di lui genitori e al di lui luogo natale. In quella giornata quasi estiva, il corteo reale, proveniente da Forlì, attraversò il viale principale, tutto imbandierato e ricoperto da un tappeto di fiori. Le automobili passarono innanzi all’imponente Casa del Fascio e alla superba Parrocchiale. Accanto al Re era il Ministro Bottai.


Predappio accoglie S.M. il Re Imperatore


Giunto al Palazzo del Verano, il Municipio, il Re venne accolto dal Podestà Baccanelli e dalla fanfara dei Bersaglieri. Vittorio Emanuele III entrò in Municipio e, poco dopo, si affacciò al balcone salutando la folla festante.



Tra uno stuolo di Balilla, Avanguardisti, Piccole e Giovani Italiane giubilanti, il Sovrano e le altre autorità si recarono quindi al Cimitero di San Cassiano, dove riposano i genitori del Duce, che ricevettero così l’omaggio del Re.


Il Re si affaccia da una finestra della Casa Natale del Duce


Visitata la chiesa di San Cassiano in Pennino, il Re si recò poi a visitare la Casa Natale del Duce, dove ricevette ulteriori manifestazioni di affetto dalla popolazione, dopodiché giunse alla Rocca delle Caminate, per conferire col Duce stesso.




Una polemica sbagliata


Come già avemmo modo di sottolineare in altre occasioni, una polemica gravemente erronea e controproducente, sia per il mondo più prettamente Monarchico che per quello più precipuamente legato al Fascismo, è quella legata ai rapporti tra i due uomini che rappresentarono per oltre vent’anni lo Stato Italiano, Vittorio Emanuele III e Benito Mussolini, e, più in generale, ai rapporti tra Monarchia e Fascismo.



Ci sono alcuni monarchici, legati spesso a concezioni ultraliberali proprie di altri paesi ed altre dinastie, che manifestano una vera e propria smania di apparire “democratici” di fronte alla repubblica antifascista. Per costoro diviene dunque fondamentale cercare di dissociarsi il più possibile dal periodo fascista; per ottenere questo risultato essi si affannano a cercar di dimostrare con ogni piroetta storica possibile come Vittorio Emanuele III e Mussolini non fossero sostanzialmente stati mai in sintonia su alcunché. 

Eppure il semplice buon senso ci fa capire che due uomini che governano insieme per ben 21 anni non possono che andare sostanzialmente d’accordo. 

Ma il problema più grave è dato dal fatto che chi s’affanna a dissociare la Monarchia dal Fascismo non si rende conto di infangare in tal modo la Monarchia stessa, che ritenne sinceramente il Fascismo il movimento adatto per risollevare le sorti di una Nazione che dopo la Vittoria mutilata si ritrovava totalmente alla deriva. 

Infatti il periodo fascista è stato oggettivamente in tutti gli ambiti, a cominciare da quello giuridico e costituzionale, il più fruttifero di tutta la storia del Regno d’Italia: in ciò hanno avuto merito sia Vittorio Emanuele III che Mussolini e negarlo significa screditare sia l’uno che l’altro.


Vittorio Emanuele III e Benito Mussolini: quali rapporti personali?



Per scoprire quali fossero i rapporti personali tra due figure così complesse come Vittorio Emanuele III e Benito Mussolini, occorre effettuare un lavoro opposto rispetto a quello che solitamente si fa nell’indagare la vita di altri personaggi: bisogna cioè scremare il più possibile le informazioni a disposizione. 

Sembra paradossale, ma per “saperne di più” bisogna “sfrondare le fonti”, eliminando tutto ciò che ha avuto più o meno esplicitamente lo scopo di affossare agli occhi di un determinato pubblico l’uno o l’altro personaggio. Siamo invero letteralmente oberati da fonti non attendibili, alterate o quanto meno dubbie. 

Infatti, dopo il 25 luglio e l’8 settembre 1943 vi furono sostanzialmente due forti esigenze politiche, che in certi ambienti perdurano stancamente anche oggi: da un lato le motivazioni repubblicane ereditate dalla RSI, dall’altro quelle del monarchismo liberaldemocratico ereditate dal “Regno del Sud”. Sulla scia di queste due tendenze estreme vi fu un’enorme produzione di scritti, molto spesso elaborati non in buona fede, tesi a dimostrare quanto fosse stato “cattivo” l’un personaggio nei confronti dell’altro. Dette esigenze furono talmente pressanti che perfino i diretti interessati ne furono travolti (basti pensare allo stesso Mussolini in Storia di un anno). Ciò poteva essere comprensibile a livello propagandistico nel 1944; oggigiorno non lo è decisamente più. 

Se poi a tutto ciò sommiamo l'enorme produzione antifascista e antimonarchica elaborata dai vincitori della seconda guerra mondiale, ne viene fuori un caos pseudostorico di livello allucinante.

In mezzo a tale caos, ci fu però uno storico che, grazie a un certosino e lunghissimo lavoro, riuscì a indagare nel modo più oggettivo possibile le migliori fonti a disposizione. Questi è Renzo De Felice, cui perciò faremo riferimento nella nostra breve indagine. 

Il primo incontro tra i due uomini risale al 1915. Infatti nel novembre 1915 e nel marzo 1917, durante le sue periodiche ispezioni al fronte, Vittorio Emanuele III visitò gli ospedali nei quali si trovava Mussolini. Questi erano stati i primi incontri tra i due uomini: incontri fortuiti che avevano dovuto suscitare qualche interesse nei due uomini, se entrambi, a distanza di anni, ancora se ne ricordavano. Da tempo del resto Vittorio Emanuele seguiva l’attività politica di quello che sarebbe diventato il suo più che ventennale Primo Ministro. 

Stando a quanto ebbe a dichiarare nel 1929 ad un giornalista francese, il Re aveva sentito parlare per la prima volta di Mussolini nel 1912 in occasione dei fatti congressuali di Reggio Emilia e poi della Guerra di Libia. Dopo di allora il nome di Mussolini apparve sempre più spesso sui giornali ed è naturale che il Re se ne interessasse. Tant’è che quando i medici militari dissero al Sovrano che Mussolini era ricoverato negli ospedali ove si trovava il Re, questi volle subito visitarlo. Il Sovrano, con la curiosità e la memoria che sempre lo contraddistinsero, ricordò sempre con piacere questi primi incontri. Tuttavia il vero primo incontro politico risale al 30 giugno 1921, quando in seguito alle dimissioni dell’ultimo Governo Giolitti, nell’ambito delle consuete consultazioni Regie per la formazione del nuovo Governo, il Re ricevette in udienza il gruppo parlamentare Fascista guidato da Mussolini. 

Umanamente e psicologicamente Vittorio Emanuele e Mussolini erano diversissimi. In comune avevano però un aspetto fondamentale: entrambi erano di carattere chiuso, diffidenti per natura, incapaci di aprirsi spontaneamente all’amicizia e al dialogo. Sotto questo profilo il Re era anche più chiuso e indecifrabile di Mussolini. 

Le differenze più nette risaltavano invece in riferimento al tipo di educazione ricevuta e al modo di porsi di fronte ai problemi politici: estremamente formale e costituzionale il Sovrano, quanto decisionista e sanguigno il Duce. Basti pensare del resto agli ambienti completamente diversi in cui i due erano cresciuti: un ambiente freddo e rigidamente militaresco Vittorio Emanuele, un ambiente passionale ed anarchico Mussolini. Ma, a ben pensarci, i due caratteri erano perfettamente adatti ai due differenti ruoli ricoperti in seno allo Stato Italiano: è evidente che un Re debba essere più costituzionale e un Primo Ministro più decisionista: in qualche modo i due si compensavano politicamente a vicenda. 

Nonostante le diversità, Vittorio Emanuele e Mussolini erano sostanzialmente fatti per intendersi: non avrebbero del resto governato insieme 21 anni senza questa facilità d'intesa. 

Ad avvicinarli contribuì paradossalmente proprio quella diffidenza generalizzata che entrambi provavano nei confronti delle persone, e che li accomunava non poco, tanto che Mussolini non di rado lasciò intendere che il Re, di cui ammirava soprattutto l’inossidabile patriottismo, fosse il suo unico amico. 

Dal canto suo il Re riteneva Mussolini geniale e dotato di un intuito politico incredibile. Si spiega così facilmente come, nonostante sporadici contrasti dovuti più che altro alle intemperanze dei rispettivi seguiti, i rapporti personali tra i due furono improntati in sostanza a reciproca stima e rispetto, talora venati addirittura da una sorta di spontaneo reciproco “senso d’inferiorità”. 

Molto illuminanti in proposito sono le testimonianze di Romano Mussolini. Il figlio del Duce racconta come nell’intima vita privata familiare, contrariamente a ciò che potrebbe far pensare il carattere sanguigno del Duce, il padre mostrasse sempre, anche in momenti di crisi, uno spontaneo rispetto per il Sovrano. Tra gli episodi ricordati da Romano c’è ad esempio un severissimo rimprovero del padre che beccò il figlio a scherzare sulla bassa statura del Re. 

Perfino dopo la separazione tra i due sancita con la nascita della RSI si avrà, a fronte dell’ovvia e netta ostilità ufficiale, una certa comprensione per il rispettivo comportamento nel caos bellico dal ‘43 in poi, in una specie di rimpianto sugli errori compiuti. Da segnalare soprattutto il netto distacco tra le posizioni di chiaro taglio propagandistico del già citato Storia di un anno e le esternazioni private di Mussolini, non solo su questo ma su tanti altri argomenti (vedasi ad esempio il problema della preparazione militare). Mussolini, che non era certo il tipo dello “scaricabarile”, non aveva peraltro difficoltà a riconoscere le sue colpe relativamente al disastro bellico. 

Dal canto suo Vittorio Emanuele mantenne inalterato il rispetto per Mussolini, perfino dopo la guerra, nei suoi ultimi anni ad Alessandria d’Egitto. Parlando privatamente del Duce soleva sempre ripetere questa frase: “Eppure quell'uomo aveva una gran testa!”. 

Da sfatare altresì i miti riguardo a presunte macchinazioni per “farsi vicendevolmente le scarpe”: chi si diverte ad esternare simili illazioni non si rende conto tra l’altro di offendere pesantemente l’uno e l’altro personaggio. 

Ciò che emerge dalle fonti più attendibili è invece il fatto che entrambi furono sempre corretti l’uno con l’altro e che se le vicende belliche fossero andate positivamente, con tutta probabilità essi avrebbero governato insieme fino al ritiro o alla morte. 

C’è anche chi, come Ciabattini, ha avanzato l’ardita ipotesi che tutte le vicende relative al 25 luglio fossero state concordate preventivamente dal Re e dal Duce come unica via di uscita dalla crisi. La situazione sarebbe però sfuggita loro di mano: basti ricordare che parecchie fonti sottolineano come il Duce non volesse essere affatto “liberato” dai tedeschi. 

Al di là di queste ipotesi, resta il fatto che Vittorio Emanuele III e Benito Mussolini erano due uomini fatti per intendersi e 21 anni di governo lo dimostrano inequivocabilmente. 


Vittorio VETRANO 


Bibliografia 

  • Ciabattini P. (2006), Il Duce il Re e il loro 25 Luglio, Lo Scarabeo, Bologna
  • De Felice R. (1965-1997), Mussolini e il Fascismo (8 volumi), Einaudi, Torino
  • Mussolini B. (1939), I Diari di Mussolini (veri o presunti), Bompiani, Milano

 Documentazione audiovisiva: Giornale Luce B1323 del 15/06/1938, Archivio Storico Luce