GIORNO DEL RICORDO 2021

Una data che si ripete e che ci riporta al dolore, alla sofferenza, all' indifferenza, al negazionismo. Ma nonostante tutto, noi siamo ancora qui, a testa alta, per testimoniare quanto sia forte, indissolubile il nostro amore per la Patria, quella Patria alla quale i nostri nonni, i nostri padri, le nostre genti tutte hanno dato il meglio di sé fino all’estremo sacrificio della vita, sia in pace che in guerra, e che a noi fu matrigna.


Orgogliosamente Istriani, Fiumani e Dalmati, memori della nostra millenaria storia fatta di cultura, di fede, di tradizioni che ci sono state tramandate da secoli, dai tempi dei romani fino alla Serenissima Repubblica di Venezia, cui giurammo fedeltà, italiani da sempre.

Desidereremmo che, come per l’Olocausto, che ha visto anche tanti nostri conterranei perire nel lager nazionalsocialisti, ci fosse anche per noi una memoria condivisa, perché la tragedia delle foibe non può essere giustificata per i soprusi del fascismo.

Le crudeli, atroci persecuzioni che si abbatterono, a guerra finita, sugli Italiani dell’Istria e della Dalmazia da parte dei comunisti del nazionalista maresciallo Tito non devono trarre in inganno.

Fummo uccisi e costretti all’esilio semplicemente perché contrari al “nuovo regime”, mentre era programmata la slavizzazione delle nostre terre e la cancellazione della nostra identità nazionale.

I governi della Repubblica italiana che si sono succeduti dalla fine della guerra fino al 2004 - che vide il Parlamento porre fine, con l’istituzione del Giorno del Ricordo, all’assordante muro del silenzio che si perpetrava da oltre mezzo secolo - non hanno reso giustizia alle nostre genti.

Governi ossequiosi dinanzi al satrapo di Belgrado, fino al punto di decorarlo con la massima onorificenza della nostra repubblica. Uomini di governo che hanno anteposto le loro carriere politiche e quella dei loro partiti di appartenenza al bene supremo della Nazione, mortificando ogni anelito di giustizia richiesto degli Esuli.

Tutto nasce a Parigi il 10 febbraio 1947 quando l’Italia accetta di firmare il “diktat” come lo chiamiamo noi. Questa neonata repubblica, priva ancora della sua carta fondamentale,  accetta supinamente l’affronto della perdita di un pezzo del proprio territorio nazionale e nulla farà in seguito per tutelare gli Istriani, i Fiumani ed i  Dalmati, testimoni scomodi di un fallimento nazionale e quindi da dimenticare, da ignorare. Meglio metterci sopra una pesante coltre di silenzio, sperando nell’oblio, perché la nostra scomoda presenza turba il politicamente corretto.

Fosse stato ancora sul trono Re Umberto II, quel trattato di pace non sarebbe mai stato firmato.

Le nostre genti ammassate fino al 1964 nei campi profughi e, chi non ha visto i campi profughi degli anni ‘50 non può nemmeno lontanamente immaginare come eravamo costretti a vivere. Dalla nostra parte prevaleva l’orgoglio dei padri, quindi la ricerca di un qualsiasi lavoro per ritrovare la dignità della vita, spesso osteggiati, in modo particolare da una sinistra becera e antinazionale che ci accusava di portar via il lavoro ai residenti.

E’ difficile per me esprimermi compiutamente, anche perché da anni scrivo e ribadisco gli stessi concetti, mentre è presente in me una  perenne angoscia per la terra natale che non è più mia. Non posso dimenticare quando gli sgherri dell’UDBA, la polizia politica jugoslava, vennero ad arrestarmi per propaganda a favore della Madre Patria. Non avevo compiuto ancora 16 anni quando venni associato alle carceri. Vissi  due anni dopo l’esilio, da uomo libero.

Oggi il mio pensiero va ai giovani, alle giovani generazioni che in età scolare nulla sanno di quanto è successo al confine orientale d’Italia, se non per l’intelligenza di singoli insegnati che, fuori testo, hanno saputo raccontare la tragedia delle foibe e dell’esodo ai loro studenti.

Ecco ai giovani, ma anche ai meno giovani, l’invito a documentarsi.  Perché la nostra tragedia trovi il giusto spazio nella coscienza del popolo tutto. La Verità è sinonimo di libertà, di progresso, facciamola trionfare; renderemo giustizia ai tanti martiri che hanno perso tragicamente la loro vita sull’orlo dell’abisso: nella foiba. Ricordiamo Norma Cossetto, don Francesco Bonifacio, i Carabinieri in servizio a Bretto, i Finanzieri in servizio alla caserma di Via Lazzaretto a Trieste e, con loro, le migliaia di nostri connazionali che, rei di essere Italiani, sono stati barbaramente torturati, stuprati, assassinati da un regime e da una ideologia che ha insanguinato il mondo.


Giovanni RUZZIER   

Esule da Pirano (Pola)