FOCUS DI APPROFONDIMENTO: "IL CONCETTO DI RAZZA: TABU', IGNOMINIA O RICCHEZZA?"

TERZA PARTE

L’ideologia antirazzista


3.1 L’antirazzismo come contraddizione: ama il prossimo tuo come odi te stesso

Il movimento che nel corso del tempo si è diffuso prendendo il nome di antirazzismo è un fenomeno molto difficile da analizzare poiché presenta un gran numero di incongruenze. In questa terza parte dell’approfondimento cercheremo di comprendere i presupposti teorici di questa ideologia e di valutarne l’azione pratica per come essa si è manifestata negli ultimi tempi.

Anzitutto desideriamo effettuare qualche precisazione semantica: con antirazzismo intendiamo specificamente l’ideologia che si è affermata nei paesi occidentali in questi ultimi decenni, sia a livello governativo che a livello di mentalità comune. Non intendiamo invece includervi in una prospettiva storica tutti coloro che in qualche modo si opposero nel tempo, più o meno legittimamente, a reali o presunti soprusi di una razza nei confronti dell’altra: infatti vi sono una miriade di singoli casi completamente diversi l’uno dall’altro, che il più delle volte non hanno nulla da spartire con l’attuale ideologia. Proclamiamo comunque con fermezza che il sopruso, da qualunque parte provenga, è sempre inaccettabile e da condannare.

Ciò detto, l’antirazzismo attuale si presenta già di primo acchito come un fenomeno fortemente contraddittorio. Lo stesso termine è in antitesi con l’ossessiva e ostentata proclamazione di equanimità, che infatti è una caratteristica etica quasi sempre assente de facto nei movimenti che si dichiarano antirazzisti. Per definizione, tutte le ideologie che si definiscono in negativo, utilizzando il prefisso anti- (come ad esempio antifascismo, antisemitismo e simili) pongono l’accento su una pars destruens piuttosto che su una pars construens e partono inevitabilmente da una prospettiva aggressiva nei confronti di qualcuno o di qualcosa. In generale, tutte le filosofie che hanno questo presupposto distruttivo rischiano molto facilmente di alimentare l’odio.

Dalla suddetta contraddizione originaria si passa a un’ulteriore contraddizione, che si può sintetizzare in una specie di capovolgimento del comandamento evangelico: ama il prossimo tuo come odi te stesso. L’antirazzismo attuale è infatti un movimento organizzato sostanzialmente da esponenti di popolazioni indoeuropee e, a dispetto del nome e di un riferimento di maniera a una vaga tolleranza generalizzata, è volto unicamente contro un razzismo specifico, definito come unico nemico. Questo unico nemico è il razzismo (eventuale) di popolazioni indoeuropee contro altre popolazioni (anche bianche, come i semiti), mentre è totalmente trascurato, se non favorito, il razzismo di qualunque altra popolazione contro le stesse razze indoeuropee. E’ infatti curioso notare come questo fenomeno sia quasi assente o abbia caratteri completamente diversi nei paesi popolati da razze non indoeuropee, mentre si concentra tutto in Nordamerica e in Europa occidentale.

Da questa seconda contraddizione ne nasce una terza, che si può condensare in un motto, ovviamente non dichiarato: la pace va ottenuta in ogni modo, anche con la violenza. Questo motto è mutuato direttamente dal pacifismo estremista (quello che una volta si chiamava panciafichismo), che, com’è noto, ha dato nel tempo prova cospicua delle sue idealità mettendo a ferro e fuoco più di una città.

In un suo studio, Fergola individua in quattro punti fondamentali il dispiegamento pratico dell’antirazzismo:

1) Repressione di ogni differenza etnica e culturale;

2) Autorazzismo;

3) Appoggio incondizionato alle migrazioni di massa;

4) Ostilità alla famiglia e alla difesa del proprio popolo.

Millet sostiene in modo assai acuto che “in un mondo dai valori interamente rovesciati e in cui la parola vietata di razza diventa l’ossessiva metafora della donna, dell’omosessuale, dell’obeso, del giovane, dell’animale, ecc., gli antirazzisti si dedicano nel nome del Diritto, a ciò in cui si sono distinti i razzisti più violenti: linciaggio mediatico, condanna giudiziaria, distruzione dell’uomo libero. E ciò mi conduce a sostenere che l’antirazzismo contemporaneo non è altro che una manifestazione isterica e al tempo stesso fredda dell’odio degli altri.

L’ideologia antirazzista è esplosa in tutta la sua virulenza nel recente fenomeno del Black Lives Matter. Le vicende che lo hanno caratterizzato hanno mostrato chiaramente quali siano i reali presupposti che stanno alla base delle idealità antirazziste, la cui pericolosità non può più sfuggire a chi abbia seguito anche marginalmente questi accadimenti.

In quell’occasione abbiamo assistito al dilagare di una violenza inaudita e distruttrice che si è scagliata contro persone, monumenti, statue, oggetti, simboli e in definitiva contro qualunque cosa avesse anche un minimo aggancio con le civiltà indoeuropee.

Ci rifiutiamo di mostrare il copiosissimo materiale relativo ai vandalismi, che sono comunque abbastanza noti, poiché costituirebbe una pubblicità immeritata e sarebbe altresì irrispettoso nei confronti degli oggetti del dileggio. Ci limiteremo a una sola fotografia simbolica.


Oltre a ciò abbiamo parimenti assistito allo sconcertante contegno di tanti esponenti “di punta” del panorama politico, i quali, congiuntamente ai giullari del circo mediatico dello spettacolo e dello sport, si sono prestati a parossistiche manifestazioni di sottomissione, riservando alla situazione inginocchiamenti e panegirici non certo espressi in occasione di altri gravi accadimenti, quando ad esempio i Bianchi Rhodesiani venivano massacrati dagli scherani di Mugabe.

Gli episodi legati al Black Lives Matter sono stati la dimostrazione più efficace di ciò che rappresenta l’antirazzismo moderno di massa: un’ideologia autodistruttiva caratterizzata da odio e violenza, da rigettare in toto, smontandone anzitutto il presupposto ideologico fondamentale, quello anti-indoeuropeo.


3.2 Il presupposto ideologico anti-indoeuropeo

Il presupposto ideologico fondamentale dell’antirazzismo è che le razze bianche (escluse naturalmente quelle semite) sono le peggiori di tutte, quelle che hanno sfruttato nel tempo tutte le altre e che nella storia si sono macchiate dei più gravi crimini: pertanto i loro eredi devono pagare queste malefatte sottomettendosi a loro volta alle altre civiltà, facendosi invadere attraverso l’ideologia immigrazionista (che è un corollario dell’antirazzismo), non mettendo al mondo figli e distruggendo il concetto di famiglia (e qui si ha il nesso con l’altra grande ideologia distruttiva moderna, il libertarismo), assorbendo le culture e le tradizioni altrui (perché noi abbiamo solo da imparare dalle risorse immigrate) e rinnegando le proprie, che sono per definizione le peggiori.

E’ veramente curioso che gli ideologi antirazzisti, che negano addirittura l’esistenza dell’odiata razza Indoeuropea (di cui pure fanno parte), riescono benissimo a distinguerla dalle altre nelle loro accuse e nel loro odio…non si rendono forse conto costoro che identificandola così bene stanno confermando appieno la sua esistenza?

Inoltre invocando la vendetta sugli eredi dei presunti malfattori Ariani, proclamano indirettamente un altro principio non proprio equanime, quello dell’ereditarietà delle colpe…quante contraddizioni in una sola ideologia!

Ovviamente è facilissimo smontare le vere e proprie assurdità storiche e concettuali relative all’odiata “razza bianca”, mosse solo da una cieca ideologia autodistruttiva.

Le razze bianche hanno fatto la storia, nel bene e nel male. E’ comunque grazie a loro (cioè a noi) che il mondo ha progredito in tutta una serie di aspetti, da quello tecnico-scientifico, a quello artistico, a quello filosofico. Senza di noi la popolazione umana sarebbe con tutta probabilità molto ridotta e quasi inerme di fronte ai pericoli che la vita pone innanzi. Questi sono dati di fatto, talmente evidenti che solo la cecità ideologica può riuscire ad oscurare.

Merito dell’intelligenza, del caso, della predisposizione, della fortuna, della benevolenza divina? Probabilmente di tutte le cose messe insieme, fatto sta che è così.

Bisognerebbe essere orgogliosi di questo, e già nella prima parte di questo lavoro abbiamo spiegato e solennemente dichiarato che da questo orgoglio non deve nascere la superbia che porta al disprezzo degli altri, bensì la stima per l’orgoglio altrui, rigettando ogni sentimento di superiorità altezzosa. Tantomeno però deve nascere la malattia autoimmune provocata dall’antirazzismo, poiché di malattia autoimmune si tratta.


3.3 Il dramma dell’autorazzismo e i suoi corollari: immigrazionismo e libertarismo

Chi conosce la biologia conosce i fenomeni apoptotici (morte cellulare programmata) e noterà facilmente una tragica similitudine tra il comportamento degli antirazzisti e le cellule che si autodemoliscono.

In questi anni ci sono stati migliaia e migliaia di episodi nel mondo in cui si è espresso un feroce, volgare e vergognoso autorazzismo anti-bianco da parte di bianchi. Ciò è avvenuto e avviene a livello governativo, a livello del mondo della cosiddetta “cultura” (che in verità di cultura ne ha ben poco), a livello del mondo del giornalismo, dello spettacolo e dei mezzi di comunicazione di massa. A cascata, questo atteggiamento autolesionista si è pian piano subdolamente inserito nella mentalità comune.

Non è nostro obiettivo redigere un triste elenco delle miriadi di occasioni in cui tutto ciò si è manifestato e rimandiamo, per chi fosse interessato, ai testi indicati in bibliografia. Vogliamo invece analizzare il legame che l’autorazzismo ha instaurato con altre due ideologie, che ne sono divenute immancabili corollari: immigrazionismo e libertarismo.

E’ evidente che se le razze indoeuropee hanno tante colpe e hanno causato tanti danni all’umanità, è bene in qualche modo limitarne la diffusione. Ci sono due vie per ottenere questo criminoso obiettivo: da un lato bisogna che si verifichi un effetto sostituzione, attraverso l’inserimento di altre razze nell’ambiente in cui vivono dette razze indoeuropee: con la presenza di queste altre razze, e promuovendo altresì un opportuno meticciato, si otterrà un edulcoramento delle caratteristiche indoeuropee degli ambienti oggetto delle cure antirazziste.

Dall’altro lato si dovrà fare in modo che le stirpi indoeuropee si riproducano il meno possibile, affinché il loro peso numerico nel mondo sia nel tempo ridimensionato. E qui viene in aiuto il libertarismo, attraverso tutte le sue ben note istanze antivitali: distruzione del diritto di famiglia, del concetto di matrimonio e della figura del padre/marito, abortismo, femminismo, omosessualismo, eutanasismo e tutti gli strumenti atti a separare in modo quasi assoluto la sessualità dalla procreazione e dal dovere sociale (contraccettismo, pornografia, “libero amore” e così via).

I risultati di questi approcci eversivi sono sotto gli occhi di tutti: i tassi di natalità delle popolazioni indoeuropee sono ai minimi storici e si mantengono elevati solo in situazioni particolari, caratterizzate da importanti reazioni nazionali o religiose (tra questi esempi virtuosi sono senz'altro da ricordare le comunità Cristiane tradizionaliste sparse in tutto il mondo nonché quelle dei Boeri Sudafricani).

Questa situazione drammatica è molto pericolosa per la stessa sopravvivenza delle nostre civiltà e necessita perciò di una reazione forte e immediata.

Ma occorre evitare l’errore madornale di opporre razzismo ad antirazzismo.

Ciò dev’essere ben chiaro: tutelare le stirpi indoeuropee significa tutelare tutte le stirpi della terra, poiché il discorso fatto sulla negatività dell’approccio antirazzista può essere applicato a qualunque stirpe: è cioè negativo in sé, e come oggi si scaglia contro di noi, potrebbe domani scagliarsi contro qualcun altro. Perciò il nuovo motto provocatorio, che potrebbe sembrare quasi paradossale, dovrebbe essere:

Razze di tutto il mondo, unitevi contro l’antirazzismo!


3.4 Come difendersi dall’antirazzismo

In questo periodo storico è molto importante sapersi difendere dall’attuale antirazzismo, che, come abbiamo dimostrato, è un’ideologia che è diventata altamente distruttiva. Vi sono molti modi con cui ognuno di noi può fare la sua parte per sconfiggere questo fenomeno.

Anzitutto abbiamo il rifiuto del politicamente corretto: ciò deve diventare una consuetudine del nostro comportamento al lavoro, in casa, con gli amici e in ogni luogo. Noi dobbiamo fermamente rifiutarci di usare il loro linguaggio inventato, fatto di orrendi neologismi, termini vaghi e privi di reale significato, fatti apposta per far perdere la cognizione dei concetti. Anzi, non solo dobbiamo rifiutarlo, ma dobbiamo ricusare di concepirlo, come se udissimo parole di un’altra lingua, per noi incomprensibili. Ad esso dobbiamo invece opporre la buona educazione, che è ben altra cosa, e il vero rispetto dell’altro, che si effettua soprattutto con i fatti e con il comportamento, non certo con i giuochi linguistici.


Vignetta sul politicamente corretto

(modificata da “Libre Pensamientos”)


Va inoltre affermata per tutti quella che in teologia morale si chiama gerarchia della carità. In sostanza non si può amare colui che abita nella foresta del Congo e al contempo disinteressarsi per principio dei propri vicini di casa: prima occorre cercare di avere carità col vicino, poi ci si interesserà del Congolese della foresta. Sarebbero discorsi scontati e ovvi, se non fosse che, vivendo in un mondo al contrario, occorre spesso spiegare anche le ovvietà.

Altro strumento fondamentale è trasmettere a tutti il messaggio che amare se stessi non significa odiare gli altri, ma che anzi chi disprezza se stesso finirà sempre col disprezzare gli altri e l’uomo in generale. E’ facile dimostrare che si va più d’accordo tra nazionalisti di stirpe diversa che tra indifferentisti. L’indifferentista è in genere detestato da tutte le culture, perché è considerato un soggetto innaturale e autolesionista. Viaggiando per il mondo la cosa risulta evidente e spesso molti cosiddetti occidentali sono mal visti per questo motivo, perché sono senza nerbo e senza valori.

E’ poi da sfatare il mito che l’orgoglio etnico sia sinonimo di chiusura e scarsa conoscenza dell’altro. E’ l’esatto contrario: viaggiando e conoscendo tutti i popoli si impara ad irrobustirsi nel proprio orgoglio etnico, poiché vedendo l’orgoglio altrui si comprende sempre più l’importanza delle differenze e si rivalutano sempre più le proprie tradizioni. Chi spesso comprende poco l’altro è proprio l’indifferentista, che parla solo per slogan e, con la scusa di adorare le culture altrui, tra l’altro spesso conosciute in modo superficiale e mediato, dimostra il più delle volte di non conoscere nemmeno la propria. Anche qui c’è una gerarchia: prima conosci te stesso e la tua cultura, poi riuscirai a conoscere il resto.

Occorre pertanto sfatare tutti i luoghi comuni della vulgata antirazzista, spiegando tutto ciò che di buono hanno fatto nel mondo i popoli indoeuropei, mostrando i lati positivi del colonialismo, come ad esempio la diffusione di valori etici e religiosi, della scienza e della tecnica e viceversa tutto il male che hanno causato al mondo la decolonizzazione forzata orchestrata dalle multinazionali politiche ed economiche, il mondialismo, il globalismo, il meticciato, l’ateismo.

Non bisogna però cadere nell’eccesso opposto, come talora avvenne in passato, ossia mitizzare le nostre stirpi, quasi fossero dotate dell’inerranza: si possono tranquillamente riconoscere anche gli inevitabili errori fatti, ma senza atteggiamenti pietosi e ridicoli quasi ci si dovesse scusare di esistere.

Purtroppo le istituzioni, da quelle religiose a quelle civili, sono state talmente infettate dall’estremismo antirazzista che hanno abituato le masse a vere e proprie commedie del “chiedere scusa” a destra e a manca, anche per fatti oggettivamente inesistenti o dove il ruolo avuto era marginale, senza considerare poi il fatto di far sistematicamente ricadere le (presunte) colpe dei padri sui figli. Tutto ciò deve finire. Se si indaga la storia nella sua completezza si troveranno ragioni e torti da ogni parte, in ogni popolo e in ogni parte politica, sicché al massimo potrebbe sortirne una canzone simile a quella filastrocca inglese Good morning to you, good morning to you… in cui tutti salutano tutti ad uno ad uno sostituendola con I apologize to you, I apologize to you…il che, per carità, potrebbe essere anche utile per una riconciliazione mondiale, ma alla fine risulterebbe decisamente stucchevole. Meglio cercare perciò di rispettare se stessi e gli altri, senza diventare né egocentrici né zerbini.


Conclusione

In questo approfondimento abbiamo trattato un argomento che si credeva un tabù. Noi abbiamo dissolto questo tabù come il sole fa con la neve.

Abbiamo spiegato il concetto di razza, ci siamo quindi avventurati nell’arduo e appassionante compito di classificare il genere umano e infine abbiamo rivelato il volto inumano dell’antirazzismo.

Abbiamo così dimostrato alcuni punti fondamentali, che, a conclusione del nostro lavoro, possono così riassumersi:

1) Il concetto di razza non è né un tabù, né un’ignominia, ma è una ricchezza che dev’essere vista in positivo, poiché ci svela la grande varietà del genere umano e ce ne fa apprezzare le differenze;

2) Bisogna essere orgogliosi della propria razza, della propria cultura e delle proprie tradizioni: solo così si sarà in grado di apprezzare veramente le altrui;

3) Il genere umano può essere utilmente classificato sulla base di criteri scientifici e non scientifici, senza che in questo ci sia alcun tipo di graduatoria di merito, senso di superiorità o disprezzo di chicchessia;

4) Bisogna mantenere un atteggiamento equilibrato, rigettando l’impostazione antirazzista attuale, che si rivela autorazzista, violenta e distruttiva.

Dobbiamo quindi lottare quotidianamente per affermare le nostre idealità contro un mondo ostile.

Ma se ci pensiamo non è poi così difficile: la storia, la giustizia, la civiltà e i nostri antenati stanno inequivocabilmente dalla nostra parte.



Vittorio VETRANO

 

Bibliografia

Blondet M. (2002), L’uccellosauro ed altri animali. La catastrofe del darwinismo, Effedieffe, Milano

Marselli N (1880), Le grandi razze dell’umanità, Ermanno Loescher, Torino.

Fergola S. (2018), L’inganno antirazzista, Passaggio al Bosco

Fusi E. (2019), White guilt, Passaggio al Bosco

Marro G. (1939), Caratteri fisici e spirituali della razza Italiana, Quaderni dell’Ist. Naz. di Cultura Fascista, serie nona, n. III, Roma

Millet R. (2016), L’antirazzismo come terrore letterario, a cura di Cristin R., Liberilibri

 Immagine del titolo della terza parte: vignetta modificata da theism.comics.com

(Fine)