20 May
PROBLEMI DI SUCCESSIONE
La recente intervista di Emanuele Filiberto al New York Times ha scatenato le solite polemiche, com'è ovvio che fosse dato quanto riportato. 

Infatti la testata a stelle e strisce riporta la mai sopita questione dinastica, che a detta di Emanuele Filiberto si risolve con la nomina della figlia Vittoria ad "erede del casato". La scelta di "abolire" la legge salica è stata intrapresa da Vittorio Emanuele nel 2020, e il "principe di Venezia" riguardo alla reazione dei "cugini Aosta", così commenta: «Da 150 anni con il ramo degli Aosta c’è una contesa per la guida del casato, ma ribadisco: lavoriamo assieme per l’Italia, inutile dividersi. Poi, la decisione di mio padre è stata meditata e non è frutto di particolari circostanze o urgenze, la società va verso la parità tra i sessi e la stragrande maggioranza delle case reali sono andate in questa direzione: la Svezia l’ha fatto nel 1980, i Paesi Bassi nel 1983, la Norvegia nel 1990...fino al Regno Unito nel 2015». Peccato che qui gli errori del "ballerino sabaudo" siano grossolani, infatti esiste una differenza marcata, i Paesi Bassi, la Norvegia e il Regno Unito sono "Case sovrane", dinastie regnanti su un trono e una nazione che regolano la loro vita dinastica. Al contrario Casa Savoia è una "Casa Reale", cioè una dinastia che un tempo ha governato stati e territori, ora non più, e tutte le norme dinastiche sono, per così dire, ferme al 1946. Le norme dinastiche sabaude, cioè le regie lettere patenti di Vittorio Amedeo III, lo statuto Albertino e i codici civili non possono essere modificate motu proprio da una lettera del "Capo della Casa", se poi si considera che Vittorio Emanuele viene considerato decaduto proprio per violazione delle leggi dinastiche, non può ricoprire il ruolo di Capo della Casa, che le norme e alcune lettere di Re Umberto II identificano in modo inequivocabile nella persona del Duca Amedeo di Savoia. 

Ma nonostante queste lacune in materia dinastica il Signor Emanuele Filiberto, il titolo di "Principe" in realtà non risulta fu mai concesso da Re Umberto II, continua nell'intervista a vedere un possibile futuro alla guida del casato per Vittoria, come lui la definisce, la «rock and roll princess».


Ma Emanuele Filiberto rincara la dose sulle pretese del ramo Aosta asserendo che: «vedono gli UFO», inoltre li disprezza dicendo che: «sono così poco importanti che non sono stati neanche esiliati», peccato che Filiberto anche qui sbaglia, infatti il piccolo Amedeo nato nel 1943, vissuti i primi anni di vita in un campo di concentramento verrà poi esiliato nel 1946, ma solo successivamente rimasto orfano in tenera età tornerà con la madre la Principessa Irene di Grecia e Danimarca in Italia, e con il ramo dei Savoia Genova, sarà rappresentante del Re esiliato. Infatti l'esilio, che Vittorio Emanuele e Emanuele Filiberto usano come tesi per avvalorare le loro pretese dinastiche, non sta in piedi, la costituzione del 1948 condanna all'esilio i figli degli ex Re d'Italia ma non tratta in modo specifico la questione di successione dinastica.


Si aggiunge poi una puntualizzazione dello storico carignanese Paolo Castagno, che afferma che i dissidi tra i due rami famigliari sono fomentati dai "soldi", infatti il signor Castagno afferma che chi guida il casato può conferire titoli e onorificenze guadagnando. Questo particolare merita una riflessione, infatti gli ordini dinastici in origine avevano statuti e regole diverse, fu poi Vittorio Emanuele ha modificare il tutto, questo portò nel 2006 alla rottura con le sorelle Maria Pia, Maria Beatrice e soprattutto Maria Gabriella che in un' intervista disse:«ha introdotto il pagamento di una quota associativa, attività come la vendita di oggetti con lo scudo sabaudo o la carta di credito dell' Ordine: io e le mie sorelle non riconosciamo più né lo spirito cristiano né quello di assistenza ospedaliera o umanitaria che papà aveva custodito così rigorosamente». Da allora le Principesse, seguite dal segretario dell'Ordine Principe Paolo Boncompagni Ludovisi, riconsegnarono le onorificenze a Vittorio Emanuele. Alla protesta si unì anche la Duchessa Silvia di Savoia, moglie di Amedeo di Savoia riconosciuto come Capo della Casa, e lo stesso Duca commentò la scelta della moglie di lasciare gli ordini: «Si è associata alla protesta delle mie cugine, perché contraria all' Ordine di oggi, snaturato rispetto alla sua tradizione di carità e attenzione verso i bisognosi [...] somiglia quasi ad un club esclusivo dove si entra per censo più che per merito, si paga una quota d' iscrizione e ci sono pure i gadget [...] io e mio figlio abbiamo ricevuto la decorazione di Cavaliere di Gran Croce direttamente da Umberto II [...] spero che si torni a quando si era cavalieri orgogliosi ma modesti e discreti, quei tempi di quando la carità si faceva ma non si diceva». Infatti proprio il Duca Amedeo, come Capo della Casa riconosciuto dai monarchici e dalla consulta dei senatori del Regno in base alle alle leggi dinastiche, ha sempre fatto giusto proposito di regolare gli ordini nel senso originale, nobile ed umile al tempo stesso.


Inoltre, sempre nell'intervista sul New York Times si aggiungono le dichiarazioni della stessa Vittoria, che interpellata sulla possibilità che l'Italia fosse pronta ad averla come "Regina" ha affermato: «l’Italia non è molto progressista. Ma impareranno», mostrando con il cipiglio da instagrammer tutto il suo affetto per il paese d'oltralpe, Vittoria di Savoia rimane sempre più un influencer sedicenne francese che una possibile principessa italiana.


Infine, questa ennesima uscita giornalistica, mostra come il ramo di Vittorio Emanuele e figlio siano non solo distanti dal proprio paese, ma anche completamente estranei dalle proprie leggi dinastiche, calpestandole e ignorandole pensano di poter paventare diritti che spettano a Sua Altezza Reale il Duca Amedeo, a Sua Altezza Reale il Principe Aimone e ai suoi figli. 


Alessio BENASSI


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