10 FEBBRAIO

Giornata Commemorativa delle Vittime Italiane del Comunismo Slavo, o "Giornata del Ricordo". Il 10 febbraio 1947 venivano firmati i trattati di pace di Parigi in virtù dei quali, l'Italia cedeva alla Jugoslavia l'Istria, il Quarnaro, la città di Zara con la sua provincia e la maggior parte della Venezia Giulia. Dal 2004, questa data viene celebrata ogni anno come "Giorno del Ricordo", per «conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell'esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale». Pubblichiamo il discorso tenuto il 10 febbraio 2020 a Rimini dal Cav. Giovanni Ruzzier, in occasione della Giornata del Ricordo. 




Nella veste di Delegato dell’Unione degli Istriani – Libera Provincia dell’Istria in Esilio, anche a nome dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia e del Comitato "10 febbraio" saluto e ringrazio le Autorità civili e militari qui convenute, le Associazioni Combattentistiche e d’Arma, gli insegnanti e gli studenti dell’Istituto Tecnico Statale per il Turismo “Marco Polo” e tutti i presenti per aver aderito a questa sobria cerimonia in occasione del “Giorno del Ricordo”. Un ringraziamento particolare alla dott.ssa Alessandra Camporota, Prefetto di Rimini, che anche quest’anno ci onora della Sua presenza, testimoniando la vicinanza dello Stato accanto a noi Esuli e discendenti degli Esuli. 

Autorità ed amici qui presenti: vi parla chi ha superato la soglia degli 85 anni, nativo di Pirano, oggi in Slovenia, e viene qui per ricordarvi l’esodo dalla terra Istriana, Fiumana e Dalmata di 350.000 nostri connazionali, molti dei quali ormai, vuoi per ragioni anagrafiche, vuoi per motivi vari, non sono più in grado di portare la loro testimonianza e per ricordare le Vittime delle Foibe. Penso, e voglio qui ricordare, i tanti esuli che vivono lontani dalla Patria: in Australia, Sud Africa, Stati Uniti, Argentina, Canada ed in altre Nazioni, esuli che quando sentono le note dell’Inno nazionale o vedono sventolare il Tricolore si commuovono fino alle lacrime. C’è un perché se ciò si verifica. Voi non lo avete fortunatamente provato, io si! 

Accade quando una persona vive lontana dalla propria terra d’origine, vive lontana perché costretta da una dittatura, nel caso in esame quella comunista, dopo aver dovuto abbandonare tutti i suoi beni e, con disperazione, i propri Morti in una terra che non è più italiana, perché cosi alcuni signori della guerra hanno deciso a Parigi il 10 febbraio 1947. Dopo 73 anni siamo ancora qui, testimoni di Storia, Cultura, Tradizioni e amor di Patria che nessun mai è riuscito a scalfire, anche se per troppi decenni su di noi è sceso un assordante silenzio, per non urtare il “politicamente corretto” di una politica indegna di rappresentare il popolo italiano. 

Dopo 73 anni, nella nostra civilissima Nazione, ci sono ancora Associazioni ben pagate dallo Stato e quindi da tutti i contribuenti e "groppuscoli" di estrazione sinistrosa che osteggiano questo “Giorno del Ricordo”, solennità civile nazionale, non solo a parole o sulla stampa, ma distruggendo o imbrattando i segni del ricordo posti in essere in varie città italiane. Pensate, vivere dieci anni in un campo profughi senza finestre, con i servizi igienici in comune con altre famiglie, dividendo tutto, separati dove andava bene da una sottile tavola di legno alta due metri o peggio da coperte stese tra una famiglia ed un’altra. Ecco i miei genitori l’hanno vissuta questa situazione e lo hanno fatto sorridendo, perché liberi, tanto da addobbare per la prima volta nella loro vita un albero di natale nel box loro assegnato, con sotto il presepio che mai è mancato in casa mia. 

Voglio ritornare a quello che ho detto all’inizio e rivolgermi ai giovani qui presenti, ma anche a tutti voi genitori. Sono qui, orgogliosamente, a dare testimonianza di una tragedia che ha coinvolto i tanti nostri connazionali, sono qui per ricordare chi è finito nella “buca” come dice il bravo Simone Cristicchi, cioè nella foiba. Vedete, credo sia difficile immaginare cosa si possa provare ad essere davanti alla voragine, con i polsi legati dal fil di ferro che sanguinano, legato ad un altro tuo compagno di sventura aspettando il colpo di pistola alla nuca dopo il quale lo trascinerai con te, vivo, nell’abisso. Il motivo di questa barbarie: essere italiani. 

E allora, ragazzi, genitori un invito rivolto al vostri figli, che vuole essere una preghiera: leggete, informatevi, la conoscenza e la cultura sono alla base di un buon cittadino. Fatelo per curiosità, fatelo per formare la vostra base culturale, fatelo per poter un domani, quando io non ci sarò più, venire qui, al mio posto a ricordare con rispetto una tragedia che fu la pulizia etnica cui furono costretti i nostri fratelli del confine orientale. Siate testimoni fedeli, intellettualmente onesti quando ricorderete i crimini commessi dal Comunismo nelle terre che un iniquo Trattato di Pace strappò alla Madre Patria. 

Milovan Gilas, braccio destro del dittatore comunista Tito, così scrisse testualmente nelle sue memorie: “Nel 1946 io ed Edward Kardelj andammo in Istria per organizzare la propaganda anti italiana. Si trattava di dimostrare alle autorità alleate che quelle terre erano jugoslave e non italiane. Certo che non era vero! Ma bisognava indurre gli italiani ad andare via, con pressioni di ogni tipo. Così fu fatto”.

Infatti, così fu fatto. Io quattordicenne, sono stato arrestato ed associato alle carceri dalla Polizia politica jugoslava (UDBA) perché contrario all’annessione della mia terra alla Repubblica Federativa Popolare di Jugoslavia, ed eccomi qui oggi, davanti a voi a testimoniare le atrocità commesse, tante a guerra finita, dal regime comunista jugoslavo nei confronti delle nostre genti, supportate talvolta dai comunisti di casa nostra, quei comunisti italiani che, seguendo il loro segretario generale Palmiro Togliatti, ci incitavano ad aderire alla Jugoslavia come settimo stato confederato. 

La memoria è un dovere imperativo per ognuno di noi, e questa “Biblioteca di pietra”, che l’Amministrazione comunale ha voluto dedicare all’esodo ed alle foibe deve essere un punto di riferimento per meditare, come lo è il Monumento dedicato alle vittime dei lager nazionalsocialisti ed a tutte le prigionie presso il quale il 27 gennaio ultimo scorso abbiamo portato la nostra presenza per ricordare l’Olocausto, la Shoah. Con questi sentimenti, senza dimenticare le sofferenze conseguenti all’esilio, senza alcun spirito di rivalsa, noi Esuli confermiamo il nostro amore per la Patria e per il suo Tricolore. Grazie Rimini, grazie a tutti voi qui presenti. 

Rimini,10 febbraio 2020 


Giovannni RUZZIER