RICORDO DI RE UMBERTO II

Ricordiamo il IV Re d'Italia, Umberto II nel XXXVIII anniversario della sua morte.


È il 18 marzo del 1983, in Svizzera, in una camera dell'ospedale cantonale di Ginevra un anziano uomo ansima nei suoi ultimi istanti di vita. Nel pomeriggio entra l'infermiera, notate le condizioni del signore gli si avvicina, gli ultimi istanti sopraggiungono ma prima, poco prima che il corpo esali l'anima, il moribondo come ultima parola, dolce ed amata invocazione chiama la terra natia, pronuncia il tanto desiderato nome, la cara Patria, il nome "Italia" passa rapido sulle smorte labbra, illumina per l'ultima volta il viso e fa brillare le ultime lacrime dell'esiliato. Così, alle ore 15.45, muore in esilio Sua Maestà Umberto II di Savoia Re d'Italia, aveva settantanove anni, quasi una quarantina passati in esilio.

 
Umberto II era nato a Racconigi, il 15 settembre del 1904, unico figlio maschio delle Loro Maestà Vittorio Emanuele III e Elena del Montenegro. 

Come erede al trono, il Principe di Piemonte fu educato fin da giovane a compiere il suo dovere e il suo destino, cioè ascendere un giorno al trono d'Italia. Umberto vivrà una stagione di enormi cambiamenti, l'Italia di inizio novecento che si sviluppa, cresce, implementa le sue industrie e infrastrutture, si lancia nella conquista della Libia, poi la prima guerra mondiale, prova durissima per per il paese, che porterà alla vittoria nel 1918. Si susseguono gli anni duri del biennio rosso, la crisi post bellica, l'avvento del Fascismo e un ruolo, quello del Principe ereditario in parte minato da trame politiche. 

Gli anni venti lo videro protagonista, il più bel principe d'Europa affascinava ogni fanciulla e destava ammirazione in tutti. L'8 gennaio del 1930 il matrimonio, nella cappella Paolina del Quirinale, Umberto sposò Maria Josè, Principessa del Belgio. Gli anni trenta iniziarono con il "periodo torinese" della coppia reale, la nascita dei figli, gli impegni ufficiali, il "periodo napoletano", la conquista dell'Impero e la nascita dell'erede al trono. Ma la storia batte inesorabile il suo tocco, la guerra travolge tutto e tutti, la famiglia reale compresa, anno duri per tutta l'Italia e la popolazione civile riducono il paese a pezzi. In questo momento, assai difficile e complesso, Umberto è chiamato a guidare la nazione e la dinastia. 

Nel 1944 diverrà luogotenente generale del Regno, compito che verrà assolto nel massimo rispetto, nel pieno del proprio ruolo e con il più alto dense del dovere. La guerra finisce nel 1945, e le sorti della corono sono sempre più minacciate, il 9 maggio del 1946 Vittorio Emanuele III abdica e Umberto diviene Re, manca poco meno di un mese al referendum sulla scelta istituzionale. 

Il 2 e il 3 giugno l'Italia va al voto, il Re si operò fino in fondo per dare una nuova immagine, una nuova forza e slancio al casato e al paese. La consultazione elettorale non sarà facile, e soprattutto non sarà chiara e pulita, il governo guidato da De Gasperi, nella notte del 12 giugno senza attendere i dati ufficiali, visto che la suprema corte si sarebbe pronunziata solo il 18, assume i pieni poteri. Tale atto rivoluzionario, come definito dallo stesso Umberto II nel suo ultimo proclama, costringe il Re ad una scelta difficile, rimanere in Patria e contrastare il colpo di mano del governo, portando il paese ad una guerra civile, o scegliere la via dell'esilio, per il bene supremo della Patria e dei cittadini. Il 13 giugno, dopo aver ricevuto gli onori sovrani, il Re partì per l'esilio, senza abdicare.

Gli anni duri che si susseguono, seppur lontano dalla sua amata terra natia, lo vedono protagonista, vicino al suo popolo nelle ore più difficili, difenderà l'italianità della Venezia Giulia, dell'Istria e della Dalmazia, pronunciandosi contrario al trattato di Osimo. Gli anni dell'esilio a Cascais, in Portogallo, diverranno duri anche a causa della malattia, e dall'impossibilità di rivedere per l'ultima volta la propria casa.

Umberto II verrà tumulato nell'abbazia di Altacomba in Savoia, nonostante la pioggia saranno presenti principi, diplomatici, il nunzio apostolico in rappresentanza del Sommo Pontefice e rappresentanti di tutte le case reali europee, sul trono e non regnanti. Il più caloroso e onorevole saluto verrà dal popolo italiano stesso, più di diecimila giunsero dalla Patria a rendere omaggio al Re, nessuno verrà invece inviato a rappresentare le istruzioni repubblicane.

Oggi vogliamo ricordare giustamente la figura di Sua Maestà, Re dal 1946 al 1983, che per senso del dovere e d'onore pagò colpe non sue, patì l'ingiustizia dell'esilio pur di evitare una guerra civile e con coraggio, abnegazione e senso del dovere difese sempre l'Italia e gli italiani. Uno dei suoi ultimi scritti, trovati nel carteggio a Villa Italia a Cascais, è la citazione dalla lettera di San Paolo ai Corinti, trascritta in latino e tradotta in italiano riporta:«Mihi autem pro minimo est ut a vobis iudicer (aut ab humano die). Sed neque meipsum iudico. Nihil enim mihi conscius sum: sed non in hoc iusticatus sum; qui autem iudicat me, Dominus est», «Poco importa a me d’essere giudicato da voi (o da un tribunale di uomini)… né mi giudico da me stesso, poiché non ho coscienza di aver commesso alcunché; ma non per questo sono giustificato: mio giudice è il Signore». 


Alessio BENASSI