L'ESERCITO MARCIAVA PER RAGGIUNGER LA FRONTIERA...

24 maggio 1915: l'Italia dichiara guerra all'Impero Austro-Ungarico. Inizia la nostra Grande Guerra. Ai primi fanti del Regio Esercito che varcarono il confine nella medesima data è dedicata la prima strofa de La canzone del Piave.


Non è facile retorica, non è voglia di incensare date storicamente decisive per la sorte della nostra Nazione ma, certamente, il 24 maggio 1915 è una di queste.

Una volta era festa nazionale, poi nel 1956 questa malnata Repubblica pensò bene di abolirla, così come abolì la festa nazionale del IV novembre, oggi quest’ultima ridotta a “festa dell’unità nazionale e delle Forze Armate”, per fortuna!

L’Italia andava alla guerra. Una terribile guerra nel corso della quale, per la prima volta, il popolo italiano cominciò a conoscersi nelle fangose trincee del Carso. Una marea di giovani provenienti da tutte le contrade d’Italia faticarono non poco a farsi comprendere causa una analfabetazione dilagante ed un miscuglio di dialetti, uno più diverso dall’altro.

Unico collante: il senso del dovere, della disciplina, dell’onore. I “ragazzi del 99” si conobbero, si aiutarono a vicenda anche scrivendo lettere dal fronte alle famiglie per quelli che non sapevano nè leggere nè scrivere.

I “ragazzi del 99” erano determinati a tenere alto il Tricolore della Patria, grazie anche alla presenza continua nelle trincee del Re.

Molti, troppi “ragazzi del 99” non tornarono alle loro case  alla fine della guerra ed oggi riposano nei Cimiteri militari e nei Sacrari a Loro dedicati, dove tutti noi dovremmo sostare anche un solo attimo in silenzio per rendere, a chi ha sacrificato la propria giovane vita per la Patria, l’onore che merita e deporre un fiore sulla nuda pietra che l’accoglie.

Che cosa abbiamo lasciato in eredità ai nostri figli e nipoti della nostra Storia patria? Nulla.

Stiamo sfornando una generazione di ignoranti,  nel senso che nulla sanno di ciò che accadde in Patria prima che loro nascessero. A questo punto sorge spontanea una domanda: può un popolo sopravvivere a se stesso rinunciando alle proprie radici storico-culturali e patriottiche?

Il modernismo, una forma di nichilismo, sta spadroneggiando procurando seri problemi, specie sotto l’aspetto culturale. Tutto viene banalizzato, scomposto, prospettato in chiave antistorica e, quello che ancora risulta essere più grave, il tutto viene presentato con un chiaro indirizzo ideologico, avverso alla realtà del nostro popolo.

La Scuola, intesa dalle elementari all’Università, è preda di speculazione politica. Molti gli insegnanti che detengono una cattedra solo perché decisamente schierati con un determinato partito politico, il che rende impossibile l’esercizio dell’educare i nostri ragazzi alla conoscenza intellettualmente onesta della storia nazionale.

Il XXIV maggio oggi, da una certa frangia progressista, viene rappresentato come una data che ricorda una aggressione ad altro Stato da parte dell’Italia, mentre fu il coronamento del nostro Risorgimento che completò l’unità nazionale, raggiungendo il confine preconizzato dal sommo poeta Dante Alighieri.

In occasione di questa fatidica data, sono lieto rivolgere gli auguri sinceri, miei personali e di tutti i componenti il Circolo monarchico "Dante Alighieri – Patto per la Patria" al giovane Principe Amedeo di Savoia Aosta Duca degli Abruzzi in occasione del suo genetliaco.


Rimini, 24 maggio 2023


Giovanni RUZZIER