FOCUS DI APPROFONDIMENTO: "MONARCHISMO PRE-UNITARIO"

Prosegue il dibattito sul "monarchismo pre-unitario". Vittorio Vetrano, partendo dalle contrapposizioni storico-ideologiche esistenti all'interno del mondo monarchico, analizza in maniera "chirurgica" tutte quelle rivalità che, apparentemente insanabili, finiscono per indebolire la nostra comunità politico-culturale.   


IL GRANDE PROBLEMA


Da tanti anni ormai si denuncia il pernicioso frazionamento che caratterizza il mondo monarchico Italiano. In realtà questo problema è il medesimo che si presenta nel mondo Cattolico tradizionale. Più in generale, si può dire che questo sia il vero grande problema che coinvolge tutti coloro che in Italia hanno almeno una minima volontà d’opporsi alla massificazione generalizzata causata dall’attuale ideologia dominante, che altro non è se non un letale miscuglio di liberalcapitalismo e comunismo, i vincitori della seconda guerra mondiale. Questa divisione interna ha un’origine molteplice: vi sono cause storiche, dinastiche, politiche, religiose, filosofiche e persino geografiche. Tuttavia il risultato è sempre lo stesso: una netta diminuzione della reale possibilità di incidere nell’attuale contingenza storica, dominata massicciamente da un pensiero unico prodotto dai poteri forti e tutelato dalla politica, dall’economia, dal giornalismo, dalla magistratura e perfino da gran parte del clero. Esaminando la natura di queste divisioni, ci si può rendere conto che esse potrebbero essere facilmente ricomposte al fine di ottenere un obiettivo superiore: quello di poter contare qualcosa nella costruzione del presente e del futuro della nostra società. La fioritura di polemiche forse accettabili nella seconda metà dell’800, ma che già con l’avvento del Fascismo potevansi ritenere desuete, appare in effetti goffa all’osservatore neutrale e diviene motivo di sommo gaudio per l’avversario politico.

Nel novero di codeste sterili polemiche, troviamo la diatriba per eccellenza, quella Risorgimentale. Essa coinvolge un po’ tutte le motivazioni e tutte le cause.

In riferimento agli aspetti di tipo dinastico e geografico, si ha il classico scontro tra unitaristi e preunitaristi. Pei primi, i Savoia avevano il diritto e il dovere di superare l’assetto politico precedente per poter creare un’Italia unita, forte e potente a livello internazionale; pei secondi, gli stessi Savoia non avevano alcun diritto di esautorare le Case Regnanti dei singoli Stati preunitari e di impedire all’Italia delle cento città di coltivare le proprie autonomie e particolarità territoriali. Bene, ora i litiganti dovrebbero rispondere a una domanda: esiste un solo motivo per cui oggigiorno sarebbe impossibile accogliere entrambe le posizioni da parte di un movimento monarchico unitario? Non ve n’è alcuno. Noi non stiamo vivendo nel XIX secolo: tanto per dirne una, al Comune di Modena o al Comune di Reggio Emilia non c’è più il Partito dei Duchisti, che considera Vittorio Emanuele un usurpatore. In quei Comuni abbiamo il PD, i sostenitori del sistema Bibbiano, dell’aborto, dell’immigrazionismo, delle quote rosa e di altre simili “amenità e buffonerie”: le urgenze sono ben altre. Se Duchisti e Realisti di allora fossero tutti qui oggi, c’è una buona probabilità che si unirebbero sguainando la spada, dicendo: “Ma donde viene questa mala genìa che occupa i nostri palazzi?”. E una volta spazzata via la mala genìa e ricostituito un ipotetico Regno o Impero, chi impedirebbe di proporre una federazione di Stati o di Province, retti a loro volta a monarchia, di cui furono notevoli esempi i primi due Reiche Germanici? A chi stonerebbe ad esempio un Re Imperatore a capo di un Impero confederato? E se a capo della Provincia di Modena ci fosse un Duca? Un partigiano del Granducato di Toscana non potrebbe forse inneggiare anche al Regno d’Italia? Quale il problema oggidì? Non abbiamo né il Regno, né il Granducato né l’Impero…difficoltà per difficoltà non potremmo forse ambire a restaurarli tutti? Ma dico di più: cosa osterebbe nell’appoggiare un condottiero non legato ad alcuna vecchia dinastia, che improvvisamente si materializzasse e che non cibasse terra né peltro, ma sapienza, amore e virtute? Un nuovo Sovrano per Grazia di Dio, come lo divenne Pipino il Breve, un fondatore di una nuova dinastia… fantasticherie? Assurdità? Sì, sicuramente, almeno nell’attuale momento storico. Ma è la questione di principio che dev’essere compresa: un monarchico oggi deve anzitutto far suo il significato della Monarchia Tradizionale, dei valori ch’essa rappresenta e che deve rappresentare in faccia al mondo d’oggi, indipendentemente dalle dinastie, dagli avvenimenti ottocenteschi e dalla geografia. In questo senso occorre anche non nascondersi dietro a un dito, negando un fatto oggettivamente evidente, per quanto triste: gli eredi di alcune dinastie un tempo gloriose non rappresentano affatto i valori di cui i loro avi furono degni depositari.

E allora qui veniamo al concetto di Monarchia. Che cosa noi intendiamo veramente con questo lemma? Com’è noto, questo termine etimologicamente significa governo di uno solo: è chiaro che questo significato è oggigiorno errato, poiché afferisce a un altro termine, Dittatura. Dunque quale dev’essere il vero significato di Monarchia oggi? Perché abbia un senso, Monarchia deve significare anzitutto: legame sacrale e spirituale della forma di governo con quell’entità organica che si sviluppa nel tempo e nello spazio, che noi chiamiamo Popolo, il cui sviluppo è assicurato a sua volta dai legami di sangue, religione, lingua, usi e costumi. In quanto sacralizzata, questa forma di governo dev’essere portatrice dei sommi valori e delle virtù della stirpe: onore, fedeltà, etica, pietà devono essere alla base della vera e autentica Monarchia.

Noi dobbiamo invero superare il binomio tutto moderno Monarchia-Repubblica, che ha trasfigurato entrambi i termini, identificandoli semplicemente con la presenza o l’assenza di un soggetto che si faccia chiamare Re. Ciò risulta evidente osservando che il termine Repubblica, a parte il caso ancor più balzano di coloro che lo confondono col termine Democrazia (interessante notare che ad esempio in greco moderno Repubblica viene tradotto proprio con δημοκρατια), viene il più delle volte definito in negativo: uno Stato dove non c’è un Re…poi lo stesso Stato può avere un Capo ereditario, con caratteristiche sacralizzate, dotato di una corte e di poteri sovrani, ma basta che non si faccia chiamare Re et voila, havvi una Repubblica. Definizioni di tal fatta sono effettivamente prive di senso. Recuperiamo perciò anche il termine Repubblica, ma nel suo significato originario, cioè Cosa Pubblica, e usiamolo in questo senso generico.

Essere Monarchico dunque non può significare soltanto volere un Capo che si fa chiamare Re: essere Monarchico deve coincidere col voler diffondere un certo tipo di valori, certamente con l’obiettivo finale di incarnarli in un’adeguata forma di governo, ma a priori rispetto ad ogni questione dinastica, storica o geografica.

Per ciò che concerne l’aspetto più prettamente religioso della questione Risorgimentale, si può concordare sul fatto che Vittorio Emanuele e il suo Governo potessero agire diversamente con Pio IX. Ma c’è un “piccolo dettaglio” risalente al 1929, anno VII. Si chiama Conciliazione. Il discorso è stato chiuso 91 anni fa. Chi ancora ne parla come di cosa attuale, forse 91 anni fa s’è dimenticato di comprare il giornale. Ma al di là della Conciliazione in sé, è già a livello filosofico che durante il Fascismo il Risorgimento viene completamente purificato. Come non ricordare gli insegnamenti di Giovanni Gentile? Il Risorgimento compiuto deve liquidare la cultura giacobina, materialista e massonica, rigettando ogni contaminazione di tipo illuministico, recuperando così la sua religiosità. Detta religiosità del Risorgimento era in epoca Fascista considerata quasi scontata: per citare Alfredo Romanini, oggidì completamente dimenticato (anche perché si occupò della delicata questione ebraica), “le generazioni del Risorgimento Italiano sono uscite ad esempio dalle scuole dei preti e dei frati”.1

Oggi siamo però di fronte a ben altre questioni: è la Chiesa a combinarne di tutti i colori, quasi più dello Stato. C’è un Papa (o presunto tale, non ho alcuna autorità per pronunciarmi) che fa venire Pachamama, tentenna sulle questioni etiche, appoggia l’immigrazionismo… forse abbiamo altri problemi rispetto al non expedit? In definitiva, che cosa impedisce oggi di volere una Chiesa tradizionale affiancata al Regno d’Italia nato nel 1861 e purificato nel 1929? Quale ostacolo attuale ci sarebbe? Io non ne vedo punto. Forse qualcuno potrebbe lamentarsi che in siffatto modo il Papa non avrebbe sufficiente potere politico giurisdizionale: c’è un guelfismo che vuole il Papa Re? Bene, chi è di questo avviso proporrà in futuro di far incoronare il futuro Re Imperatore dal Papa, tuttavia prima provi a dare una mano a risolvere i problemi della sinarchia mondiale, del genderismo, della globalizzazione e così via. Anche in questo caso, checché ne dicano i fanatici del filo rosso (cioè coloro secondo i quali Machiavelli, Stalin e John Lennon rappresentano sostanzialmente lo stesso pensiero), se il più acceso dei garibaldini anticlericali fosse qui tra noi aborrirebbe come noi tante brutture del presente.

Nel senso di un definitivo superamento della polemica religiosa, la posizione del giurista Carlo Francesco D’Agostino è un buon punto di partenza. Sostanzialmente per il D’Agostino grazie ai Patti Lateranensi avviene la legittimazione del Regno d’Italia. Tuttavia, anche alla luce degli avvenimenti successivi, tale posizione necessita di un superamento. Infatti il Regno d’Italia dal 1861 al 1929, anche dal punto di vista Cattolico, non può essere definita una monarchia illegittima, bensì una monarchia incompleta, poiché, rispetto a quanto detto più sopra, difettò della componente religiosa per affermarsi compiutamente come Monarchia, ovvero come legame sacrale e spirituale della forma di governo con il Popolo.

Il criterio di legittimazione di un’autorità basato esclusivamente sul riconoscimento papale è da rigettare in quanto restrittivo rispetto alla stessa dottrina Cattolica. Nella Sacra Scrittura è infatti scritto nulla potestas nisi a Deo.2 In effetti, essendo Dio, in quanto autorità suprema, all’origine di ogni autorità, appare evidente che nessuna potestà terrena possa essere totalmente slegata da una specie di beneplacito divino, anche perché i disegni di Dio sono imperscrutabili e talora permettono il male per il conseguimento di un bene superiore. Come dimenticarsi infatti che i primi Cristiani non proclamavano affatto illegittimi gli Imperatori pagani che li perseguitavano, ma pregavano per loro con lo scopo di renderli Cristiani? Tra l’altro, l’obiettivo fu alfine raggiunto.

Il Sommo Dante è perfettamente in linea con queste proposizioni. Infatti egli, nel libro II del De Monarchia, spiega come l’Impero abbia di per sé origine divina, mentre nel libro III dimostra come l’Imperatore derivi la sua autorità da Dio e come ne svolga l’esercizio in modo autonomo rispetto al Papato, nei confronti del quale ha un’inferiorità relativamente all’obiettivo (felicità terrena contro felicità eterna), ma non all’origine, divina per entrambi. L'Imperatore possiede come qualità la necessità e la divina provvidenzialità, ciò che gli permette di rigettare un presunto diritto del Papa a legittimarlo. Infatti, come si legge nella Divina Commedia3:


Soleva Roma, che ’l buon mondo feo 

due soli aver, che l’una e l’altra strada 

facean vedere, e del mondo e di Deo

     

L’un l’altro ha spento; ed è giunta la spada 

col pasturale, e l’un con l’altro insieme 

per viva forza mal convien che vada         


Insomma, vi sono due soli, e quando c’è una commistione tra i due le cose non funzionano. E se pure si ammetta la teoria del sole e della luna, ovvero che comunque l’Impero pigli la sua luce riflessa dalla Chiesa, anche in questo caso con luce non possiamo affatto intendere l’essere e la virtù, né la legittimazione d’autorità, poiché (…) motus eius est a motore proprio, influentia sua est a propriis suis radiis: habet enim aliquam lucem ex se, ut in eius eclipsi manifestum est (…)4

E’ peraltro evidente che il fatto che ogni autorità venga da Dio non significa che, ipso facto, ogni autorità (compresa quella papale) compia la volontà di Dio: ciò risulta ovvio, anche dalla semplice esperienza personale. Pertanto se perfino i regimi comunisti, islamici o pagani non possono essere in questo senso tacciati di illegittimità, com’è possibile tacciare d’illegittimità il Regno d’Italia precedente al 1929, che era pur sempre ufficialmente Cattolico?

A ciò s’aggiunga anche la questione dell’attuale crisi della Chiesa: porre la Santa Sede come unico arbitro di legittimità delle autorità diventa addirittura assurdo in una situazione come quella odierna, in cui proprio la Santa Sede è occupata da coloro che di fatto negano il principio di autorità. Perseguendo cionondimeno l’assunto per cui solo un’autentica Cattolicità assicura la legittimità di un’istituzione, non avendo più un Papa a cui far riferimento, ci si ridurrebbe a una sorta di sedevacantismo di giudizio, per cui paradossalmente diventerebbe il singolo studioso a dare patenti di legittimità ai governi, stabilendo a suo piacimento il confine tra legittimità e illegittimità. Ciò sarebbe evidentemente un assurdo, che unirebbe in una sola mala azione superbia e totale discrezionalità di giudizio. Ma quale autorità può in realtà vantarsi, dopo il peccato originale, di essere perfettamente consona alle direttive celesti?

Un’altra erronea polemica che non ci si può esimere dal citare, pur non riferendosi alla questione Risorgimentale, è quella legata al Fascismo. Ci sono purtroppo alcuni monarchici, che, poiché hanno la smania di apparire “democratici” di fronte alla repubblica antifascista, tentano in tutti i modi e con tutte le più assurde capriole e piroette di allontanare Vittorio Emanuele III da Mussolini, cercando essi, in parole povere, di dimostrare in ogni momento l’assunto: “Sì, ha governato insieme a lui per 21 anni, però non lo conosceva, non lo ha mai visto e non sapeva nemmeno come si chiamava.” Ora, il periodo della Monarchia Fascista è stato in tanti ambiti, non ultimo quello giuridico e costituzionale, il più fruttifero di tutto il periodo monarchico. Nonostante ciò, è evidente che non si può pretendere che ogni monarchico indossi la camicia nera: tuttavia un conto è essere in disaccordo con alcuni aspetti del Fascismo, un altro è disconoscere tutti i successi ottenuti in quel periodo. Negarli, significa negare i successi dell’Italia e dell’istessa Monarchia, al solo scopo di compiacere gli avversari. Ciò è non solo intellettualmente disonesto, ma è indegno dell’Ideale.

Con tutte queste premesse, è evidente che, in mezzo a tante divisioni da superare, ne resta una che a questo punto diventa inevitabile. Trattasi della divisione col monarchico di facciata, quello a cui della monarchia piacciono le feste, le corone, qualche stemma qua e là…e basta. Per il resto gli va bene tutto: il genderismo, il femminismo, l’omosessualismo, il modernismo religioso e tutto il ciarpame della modernità figlia della rivoluzione francese. Sono quelli che si vantano che in Europa ci sono tante monarchie, gli Stati più avanzati del mondo e poi citano l’Olanda, la Spagna, l’Inghilterra… tutti governi emblematici della decadente dissolutezza liberaldemocratica. Proporre una monarchia sol perché si utilizza una carrozza o un manto d’ermellino è quasi offensivo per chi lotta per un vero Ideale.

Del resto, dev’essere chiaro: essere monarchico non significa applaudire a qualsivoglia dinastia regnante presente sul pianeta. Oggigiorno vi sono invero molti Stati che, pur non avendo un Capo di Stato col titolo di Re, incarnano i valori monarchici anche più di tante Monarchie de jure. Tra questi si possono citare il Turkmenistan, l’Uzbekistan, il Kazakistan, la Siria, ma anche l’Ungheria o la stessa Russia. Essi hanno infatti realizzato, in tutto o in parte, proprio quel legame sacrale e spirituale tra forma di governo e comunità organica, che è la base di ogni vera Monarchia.

Concludendo, l’unica vera causa di divisione è la mancanza di un vero Ideale Monarchico: una volta assodata la presenza di quest’ultimo, non vi può essere alcun’altra ragione storica, dinastica, politica, religiosa, filosofica o geografica che possa cagionarla.


Vittorio VETRANO


1 Romanini A. (1939), Ebrei, Cristianesimo, Fascismo

2 Sacra Bibbia, Lettera ai Romani, 13-1

3 Divina Commedia, Purg. XVI, 106-111

4 De Monarchia, Libro III, 63-64


Foto di copertina da https://www.radici-press.net/corona-ferrea/