LETTERA APERTA A MARCO RIZZO

Lettera aperta inviata al noto politico comunista Marco Rizzo, discutibile quanto si vuole ma, di sicuro, coerente e intellettualmente onesto. Lui solo, per il bene dell'Italia, può rianimare una Sinistra ormai agonizzante. 


Egregio dott. Rizzo,


Le premetto che mai e poi mai, per motivi storici, politico-culturali e affettivi, avrei immaginato di condividere e sostenere le battaglie ideali condotte da un comunista.

Ma, innanzitutto, pur continuando a rigettare con forza tutto quel mondo al quale Lei fa spesso appello, riconosco che la Sua coerenza è un grande valore in un Occidente sfibrato, smidollato e molle come l’attuale. Pertanto, senza alcuna piaggeria, Le dico: onore al merito!

Desidero, inoltre, scriverLe queste parole in libertà, sperando possa leggerle e possa trovarci spunti di riflessione e, perché no, di rinnovamento della Sua azione politica.

Ho avuto modo di ascoltare la recente intervista che Le ha fatto Enrico Mentana su La7: il Suo contegno, la forza espressiva delle sue risposte e la chiarezza dei Suoi messaggi hanno “bucato il video”, neutralizzando la carica di odio che emanava dal giornalista (quel tipico odio progressista che, come capita nei “talk show” televisivi, pur essendo spesso malcelato, è sempre rumorosamente camuffato da atteggiamenti buonisti o sarcastici e impedisce al pensiero non omologato di emergere e di far sentire la propria voce).

Dunque, i contenuti da Lei espressi e il modo con cui li ha espressi sono stati in grado di contrastare un Mentana sempre più spazientito e sull’orlo della crisi isterica (bastava osservare il movimento confuso e aritmico delle sue mani per rendersi conto di tutto ciò) il quale non ha trovato di meglio che ricorrere al solito, bilioso manierismo antifascista. Su di Lei, ovviamente, tutto ciò non attacca, essendo palesemente impossibile accusarlo di nostalgismo nero: così, anche in questo caso, ha risposto bene ed è uscito vittorioso dal confronto.

Tuttavia, mi permetta una considerazione importante: nel controbattere l’offensiva di Chicco Mentana, ha utilizzato il termine “fascismo” rivolgendolo, per esempio, al “Corriere della Sera che mette dieci persone e le indica come bersaglio”, nonché alle “multinazionali che vengono nel nostro Paese, non pagano le tasse, prendono i marchi, delocalizzano e licenziano le persone”...

Mi permetta di dirLe che non è affatto così: “fascismo” è un vocabolo che può piacere o meno ma che, in nome della Verità e quindi della Giustizia, va depurato da tutte quelle scorie ideologiche che nel tempo si sono sedimentate occultando gravemente la corretta semantica e gettando la nostra lingua in una confusione enorme (del resto, a chi gioverebbe la condizione di un popolo in preda ad una incomprensione linguistica senza pari, se non ai “Poteri Forti” che Lei giustamente attacca?). Mi lasci ricordare che per “Fascismo” (come anche per “Comunismo”, per “Nazionalsocialismo”, per “Liberalismo” e via dicendo), possiamo intendere tanto un periodo storico conclusosi nel passato e quindi non ripetibile, quanto un’ideologia politica che, appartenendo appunto al mondo delle idee, travalica il “Ventennio fascista” e può continuare ad avere, tuttora, sostenitori e detrattori. Questa distinzione è fondamentale: se, storicamente, lo Stato fascista è sceso a compromessi con industriali e alta borghesia (le contingenze possono piegare qualsiasi purezza ideale, pena l’impossibilità di concretizzare determinate visioni), ha commesso errori strategici (come l’entrata in guerra nel 1940) e si è macchiato di colpe morali gravi (come la legislazione antiebraica emanata nel 1938), dal punto di vista teorico il Fascismo sosteneva un’interessante “terza via” politico-economico-sociale (in gran parte realizzatasi anche praticamente), alternativa sia al Capitalismo che al Collettivismo e nota come “Corporativismo”: questa concezione, lungi dall’essere monolitica, mirava, in ultima analisi, a superare tutte quelle divisioni che paralizza(va)no la Nazione impendendone l’unità, la crescita, la sovranità e la libertà. Il Corporativismo fascista, preservando la proprietà privata e la libera concorrenza da un lato e la tutela del lavoratore e la giustizia sociale dall’altro, intendeva superare la lotta di classe, le faziosità, gli interessi di parte, le divisioni fra produttori e lavoratori, nel nome del superiore bene della Patria, ovvero nell’interesse di tutti gli italiani. Nel tentativo generoso di archiviare la lotta di classe, non aboliva le classi sociali ma ne rispettava i molteplici e spesso contrastanti interessi: lo Stato (che è cosa ben diversa dall’assistenzialismo statalista) si assumeva il ruolo di armonizzatore e coordinatore super partes delle numerose esigenze particolari; l’ideologia corporativa non era un’ improvvisazione dottrinale prodotta da marziani caduti sulla terra, bensì il frutto di lunghe rielaborazioni politico-sociali che vedevano il sindacalismo socialista partire dal marxismo e superarlo dialetticamente diventando rivoluzionario prima (Sorel, Lagardelle, Labriola) e nazional-rivoluzionario poi (Corridoni, de Ambris, Panunzio, Rossoni), fino a fondersi con il Fiumanesimo dannunziano, il Futurismo marinettiano e l’Arditismo interventista; più in generale, l’intero Fascismo costituiva il logico esito di fermenti, lotte, scioperi all’insegna di un dinamismo di azioni inizialmente antitetiche ma finalmente sinergizzate nelle trincee della Grande Guerra.

Caro Marco Rizzo, qui vengo al punto della mia lettera: La invito a leggere “La dottrina del Fascismo” scritta da Benito Mussolini, i princìpi della “Carta del Lavoro” e i 18 punti del “Manifesto di Verona” (alla cui stesura contribuì uno dei fondatori del P.C.I., il “comunista in camicia nera” Nicolino Bombacci). La invito a riscoprire quei princìpi politico-economico-sociali che nulla hanno a che vedere con razzismo materialista, bellicismo tipo “stivaletti e manganello” e fanatismo in orbace. La invito, in nome della Verità e della Giustizia e a dispetto delle finanze mondialiste che schiavizzano i popoli, a tentare nuove sintesi, a compiere ulteriori passi coraggiosi. Esiste un “fascismo immenso e rosso”, fatto di case popolari, di fondazioni di città, di socializzazione delle imprese e di partecipazione agli utili, tanto sconosciuto quanto meritevole di essere recuperato; esistono idee di grandi personalità come Araldo di Crollalanza (ammirato dai suoi stessi concittadini comunisti), Giano Accame, Beppe Nicolai, Antonio Pennacchi che attendono di essere riprese e sviluppate.

Verrà accusato di “rossobrunismo”, non mancherà chi la accuserà di alto tradimento della Causa; del resto, lo hanno già duramente criticato per aver messo in moto l’avventura di “Italia sovrana e popolare”. Un primo passo importante lo ha già compiuto e non è solo: ci sono con Lei anche intellettuali del calibro di Diego Fusaro e Piero Sansonetti che hanno dimostrato di essere orgogliosamente di sinistra senza per questo sostenere le derive liberal dell’attuale sinistra occidentale.

Non è vero che “Dio, Patria e Famiglia” sono una “vita di merda” come sostiene il l’immorale capitalismo progressista dei vari Boldrini, Cirinnà, Zan e compagnia cantando. Questa antica triade non può essere appannaggio della sola destra politica ma può e deve essere un riferimento valoriale condiviso da tutte le forze politiche sane, sia di destra che di sinistra. Allo stesso modo, “Solidarietà, Giustizia sociale, Bellezza, Sicurezza, Lavoro, Merito” debbono essere valori condivisi da tutti, sia di destra che di sinistra. Diverso, poi, può e deve essere il modo in cui questi valori vengono declinati in ambito politico-economico sensu strictu (ad esempio, in senso più “avanguardista”, distributivo e protezionista, dal punto di vista di sinistra e in senso più “retroguarista”, produttivo e mercatista, dal punto di vista di destra).

Le ricordo, in particolare, che “Patria e Lavoro” sono un binomio inscindibile sul quale Lei può costruire un grande progetto di Sinistra Nazionale capace di includere tanto le forze rivoluzionarie quanto quelle riformatrici e in grado di alternarsi, secondo le modalità di un sano bipolarismo democratico, con un progetto speculare di Destra Nazionale (capace, a sua volta, di includere le forze sia conservatrici che reazionarie).  

Lei ha già fatto molto: schierandosi contro l’abominevole pratica dell’ “utero in affitto”, criticando le vessazioni pandemiche perpetrate dai questurini del green pass, chiedendo la cessazione delle scellerate sanzioni contro la Russia, si è già scontrato eroicamente con l’ottusità tardo-progressista di una sinistra tanto americanizzata e fintamente europea quanto morente e priva di futuro.

Lei possiede pure quel physique du role che potrebbe piacere anche a potenziali elettori provenienti da mondi molto diversi dal Suo. Di più: soltanto Lei, potrebbe finalmente rimarginare le ferite ancora aperte e sanguinanti dell’Italia, permettendo una vera pacificazione nazionale già avviata con l’ “Amnistia Togliatti” del 1946 e successivamente rinsaldata (nonostante l’immonda “teoria degli opposti estremismi”) attraverso il rispetto reciproco creatosi fra Almirante e Berlinguer; non una memoria unica ma una condivisione di memorie diverse che sappia lasciare la valutazione del passato agli Storici e torni a guardare a un futuro comune per il bene della nostra Nazione.

Lasci perdere Ingroia, l’ “Antifascismo”, l’A.N.P.I., Stalin e Mao. Faccia tesoro di queste enormi potenzialità che potrebbero rappresentare una svolta per Lei, per la Sinistra italiana e per l’Italia intera.

La situazione in cui si trova ora è critica perché non Le permette di tornare indietro a fare “il comunista duro e puro”. Perseverare in un comunismo anacronistico non Le sarà solo inutile ma anche nocivo.

Lei ha già tracciato una strada: ora deve compiere un ulteriore decisivo passo. Altrimenti verrà presto dimenticato dai suoi stessi compagni e, alla fine, schiacciato inesorabilmente dalle “magnifiche sorti e progressive”.

Molti cordiali saluti,



Giovanni FLAMMA