IL BUIO SULLA STORIA ITALIANA

Un profondo abisso nero si apre verso il cuore della terra. Lo incorniciano gotiche rocce appuntite. La porta dell’inferno. La porta di un inferno terrestre. Si ode provenire dalle profondità un tetro e misterioso gorgoglio.

Il paesaggio carsico del Friuli Venezia Giulia orientale è ricco di simili varchi infernali, che sono chiamati foibe e si aprono su profondissime cavità inospitali abbracciate da irregolari pareti rocciose ed attraversate sul fondo da fiumi inabissati che tornano poi in superficie per sfociare in mare. L’abisso nero ben rappresenta la tragedia che si consumò in questi luoghi tra l’8 settembre 1943 e il 1955 circa. Un abisso di cui non si conosce né la grandezza né la natura, né si potrà mai sapere. Un abisso nero, funereo, silenzioso, vergognoso, taciuto e messo a tacere.

Nella zona tra Trieste e Fiume, in Istria  e lungo le coste dalmate si perpetrò una vera e propria pulizia etnica degli Slavi contro gli Italiani.

Dopo l’Armistizio dell’8 settembre 1943, le truppe del IX Corpus Sloveno scesero sull’Istria fino a Trieste, mentre si formavano gruppi partigiani delle fazioni politiche più disparate che presto entrarono in conflitto tra loro. Nei due anni seguenti la lotta tra partigiani slavo-comunisti e truppe nazi-fasciste e formazioni partigiane italiane. Laddove giungevano i primi, essi arrestavano e facevano sparire decine e decine di persone. Il forte odore proveniente dalle foibe fece presto intuire che fine avessero fatto gli scomparsi. Già nel ’43 furono furono esplorate le prime foibe e ci si trovò di fronte a qualcosa di incredibile.

L’organizzazione che esisteva dietro a questi drammi era più complessa di quanto si possa immaginare. Un reparto di polizia segreta specializzata, l’Ozna, aveva il compito particolare di raggiungere da avanguardie le località italiane e di rastrellarvi gli Italiani. Tutto ciò è testimoniato da documenti recentemente venuti alla luce, tra cui alcune lettere in cui il Maresciallo Tito, comandante delle truppe slave, in cui quest’ultimo incitava i sottoposti ad affrettarsi nell’opera di pulizia etnica prima del suo arrivo con il resto dell’esercito. Gli Italiani venivano prelevati dalle loro dimore, picchiati, seviziati e poi venivano legati tra loro con il fil di ferro e posti sull’orlo di una foiba. Si sparava un raffica di mitra al primo, che ,cadendo, trascinava con sé tutti gli altri. La morte sopraggiungeva dopo lunga agonia: i corpi si dilaniavano sulle pareti rocciose, si accatastavano o cadevano sul fondo pieno d’acqua. Quando la fossa era piena di troppi cadaveri, si lanciava una bomba amano in modo che l’esplosione facesse spazio a nuovi sventurati. Alcuni venivano arrestati e condotti nel castello di Pisino, qui torturati e gettati dalle finestre nel dirupo della foiba (i cadaveri riaffioravano in mare alla foce del fiume carsico Foiba). 

Ma come venivano selezionate le vittime? Il primo elemento discriminante fu l’indossare una qualsiasi divisa che portasse le insegne del Regno d’Italia e del regime fascista, in secondo luogo l’essere italiani, essere fascisti ed appartenere all’apparato burocratico del regime, ma anche la fede religiosa cristiana. I primi a perire furono infatti i militari (ad esempio i 93 finanzieri di Trieste infoibati nelle alture dell’entroterra). Certamente, poi, furono colpiti tutti i cittadini italiani, che avevano la sola colpa di essere tali (come Norma Cossetto). I fascisti furono arrestati, ma non tutti infoibati o fucilati, i criminali di guerra preferivano tenerli come ostaggi e processarli a guerra finita. I artigiani slavi erano comunisti e profondamente atei, anzi avevano in odio la Chiesa cattolica tanto che seviziarono ed uccisero non pochi sacerdoti e fedeli in quanto tali (si tratta di martiri della fede riconosciuti dalla Chiesa). 

Non è finita, perché gli Jugoslavi aggredirono anche i loro stessi compagni comunisti italiani, perché scomodi o perché  di una corrente avversa. Altri sfortunati furono internati nel terribile lager comunista dell’isola Calva. Spesso si disse che queste erano azioni vendicative sfuggite di mano in ritorsione ai crimini italiani in Jugoslavia e che comunque furono azioni di guerra. Questo è falso in quanto l’azione violenta slava durò fino al 1955 circa a guerra finita, purtroppo non si hanno date certe a causa del regime dittatoriale di Tito. Gli Italiani compirono crimini nei Balcani e l’Ozna approfittò del risentimento slavo per aggredire gli Italiani. L’obiettivo era quello di eliminare gli nostri connazionali dalle coste dalmate fino al Tagliamento, o almeno fino a Trieste. Il Partito Comunista Italiano di Togliatti fu complice dei crimini titini, ma tutte le fazioni politiche dal PCI alla DC al MSI tacquero questi fatti per una necessità politica che prevalse sulla pietà umana.

Non si potrà mai sapere quante persone furono uccise dalla violenza jugoslava.

I morti nelle foibe non erano fascisti, ma Italiani. La loro storia, è storia di tutti.

Tante cose si potrebbero dire ma una sintesi perfetta si può leggere nell’iscrizione sulla  foiba n° 149 che recita: “Onore cristiana pietà a coloro che qui sono caduti- Il loro sacrificio ricordi agli uomini le vie della Giustizia e dell’Amore sulle quali fiorisce la vera Pace”.


Paolo RICCIARDI

Segretario Nazionale della Gioventù Monarchica Italiana - Italia Reale