IL TRICOLORE E DANTE

Scrisse Niccolò Tommaseo (1802-1874), linguista, scrittore e patriota: «Leggere Dante è un dovere; rileggerlo un bisogno; sentirlo è presagio di grandezza».


Più volte abbiamo detto e scritto che Dante Alighieri fu il vero ed autentico Padre dell’Unità d’Italia.

Ed in questo aspetto lo fu anche quale ispiratore della bandiera italiana nei suoi colori tradizionali: Verde, Bianco e Rosso.

Infatti il 7 gennaio 1797, duecentoventiquattro anni or sono, in Reggio Emilia l’assemblea della Repubblica Cispadana decretò che il bianco, il rosso e il verde fossero adottati come i colori della bandiera nazionale, con codeste testuali parole:

«[...]Reggio Emilia, 7 gennaio 1797, ore 11. Sala Patriottica. Gli intervenuti sono 100, deputati delle popolazioni di Bologna, Ferrara, Modena e Reggio Emilia. Giuseppe Compagnoni di Lugo fa mozione che si renda Universale lo Stendardo o Bandiera Cispadana di tre colori, Verde, Bianco e Rosso e che questi tre colori si usino anche nella Coccarda Cispadana, la quale debba portarsi da tutti. Vien decretato. [...]» (Verbale della riunione del 7 gennaio 1797 del congresso della Repubblica Cispadana).

Ma la storia del nostro tricolore ha comunque origini più lontane nel tempo.

L’ispirazione alla bandiera francese uscita dalla rivoluzione del 1789 è nota ma già vessilli della Legione Lombarda presentavano i colori bianco, rosso e verde, fortemente radicati nel patrimonio collettivo di quella regione: il bianco e il rosso, infatti, comparivano nell’antichissimo stemma comunale di Milano (croce rossa su campo bianco), mentre verdi erano, fin dal 1782, le uniformi della Guardia civica milanese.

Gli stessi colori, poi, furono adottati anche negli stendardi della Legione Italiana, che raccoglieva i soldati delle terre dell’Emilia e della Romagna.

Ma è doveroso, comunque, sottolineare anche due colti riferimenti a Dante.


Il primo è una terzina dedicata all’amata Beatrice (Purg. XXX, 31-33):

«[…] Sovra candido vel cinta d’uliva

donna m’apparve, sotto verde manto

vestita di color di fiamma viva».

Secondo alcune interpretazioni, i colori del velo, del manto e della veste alludono alla fede, alla speranza ed alla carità: «le quali tre virtù sono solo della Teologia, e per questo sono dette teologiche» [secondo l’umanista e filosofo Cristoforo Landino (1424-1498)].


Il secondo è, senza dubbio, in Purg. XXIX, 121-126:

«Tre donne in giro dalla destra rota

venìan danzando: l’una tanto rossa

ch’a pena fora dentro al foco nota

l’altr’era come se le carni e l’ossa

fossero state di smeraldo fatte

la terza parea neve testé mossa;».

Anche qui le tre donne sono le virtù teologali: fede, speranza e carità.

Ma, per alcuni interpreti, queste tre virtù devono essere poste a fondamento della vita civile, cosa a cui teneva molto il Sommo Poeta.

E possiamo quindi affermare che, anche in questo, Dante ispirò, e bene, la futura bandiera italiana, simbolo di unità. 


Gianluigi CHIASEROTTI