Riuscirà il Primo Ministro Giuseppe Conte a difendere i nostri interessi nell'ambito della (dis)unione europea? Ne parla in maniera approfondita il giornalista Gigi Cartagenova.


CONTE:  "NO ASSOLUTO AL MES". PRIMA E SEMPRE LA NOSTRA ITALIA


Sempre più larga la virata politica del Premier Giuseppe Conte. "Prima gli interessi dell'Italia e della nostra Patria".

Espressioni dirette e impensabili solo fino a poco tempo fa. Conte usa ormai, senza timore alcuno, anzi con orgoglio, i termini Patria e Patrioti. Rassicura gli italiani che il Presidente del Consiglio non cederà a nessuna condizione capestro, vincolante distruttivamente per il Paese, oggi e negli anni a venire, che venisse presentata dall'Unione Europea. Lo stesso Ministro dell'Economia Gualtieri concorda, annuendo, con le sue parole.

Sui soldi diretti a famiglie e imprese i problemi saranno risolti, la volontà vera c'è, dice. In pratica, "garanzie" a parte, intende mettere, sui denari, l'Europa con le spalle al muro. Con il Golden Power bloccati, intanto, gli assalti esteri alle aziende strategiche italiane per acquisirle.

Sottotraccia lo scontro con Bruxelles è duro e aspro. Conte è già sopra e oltre il suo governo. E' in atto quindi un cambiamento profondo nei rapporti fra le forze politiche italiane, anche d'opposizione, e soprattutto nelle relazioni italo-tedesche e più complessivamente italo-europee.

Evidentemente l'Italia non solo non è isolata o isolabile ma ha le spalle coperte a livello internazionale.

Conte afferma che l'Italia presto rinascerà, ci sarà una nuova Primavera e non sono parole buttate lì. Speriamo bene, aggiungiamo noi.

Il nostro Paese è alla prova del fuoco dopo qualche drammatico decennio e può vincerla per liberarsi e ripartire.

Bisogna uscire dal garage senza finestre in cui era stato posizionato, con il freno a mano inserito, per qualsiasi fuga solitaria e tornare alla luce della strada. Ormai è di dominio pubblico il recinto economico-finanziario europeo in cui era precipitata L'Italia. La crisi da coronavirus ha messo improvvisamente in evidenza assoluta, agli occhi di tutti, la natura vera dell'Unione, tutt'altro che sociale e solidale, quanto piuttosto centrata finanziariamente sulle pratiche di rigore e austerità imposte agli stati membri dai più forti.

La moneta comune anziché far progredire e sollevare i paesi più deboli dell'area mediterranea, soprattutto Spagna, Italia, Grecia e Portogallo, li ha fatti crollare. Una moneta comune avrebbe dovuto essere l'approdo finale di un nuovo superstato quale poteva essere l'Europa, a patto naturalmente che si andasse verso un vero assetto federale o confederale, si avesse una Costituzione, ci fossero organi parlamentari ed esecutivi con poteri reali ed eletti direttamente dai popoli, ci fossero politiche fiscali e di bilancio veramente comuni e mutualistiche e così via.

Così non solo non è stato, ma non si è mai voluto che fosse.

L'Unione europea è stata concepita e attuata come casa finanziaria in cui alcuni abitavano nel seminterrato, altri ai piani medi e pochissimi all'attico.

La sproporzione di trattamento fra tedeschi e greci è lampante ed eloquente. 

Ai primi è stato concesso ad esempio, un surplus di export commerciale fuori dalle regole a discapito dei concorrenti, ai secondi lacrime e sangue, con difficoltà addirittura ad alimentarsi e curarsi nei mesi neri della loro crisi. Per non parlare dello sforamento del deficit, ben oltre il noto 3%,  sempre preteso e ottenuto dalla Francia, quando all'Italia si contestava anche lo zero virgola.

Nessuno dimentica o può dimenticare i moniti imperativi del Commissario francese all'Economia Ue Moscovici, all'Italia, i toni durissimi del Ministro delle finanze tedesco Schauble o addirittura l'infelice frase del Commissario tedesco Oettinger, dopo le ultime elezioni politiche italiane, in cui adirato e insoddisfatto diceva che d'ora in avanti sarebbero stati i mercati a insegnare agli italiani come votare.

Certamente una concezione della democrazia e del rispetto di un altro Stato sovrano quanto meno originale e un senso di solidarietà "smarrito".

Inutile poi aggiungere le politiche fiscali competitive e aggressive di Lussemburgo e Olanda, il cosiddetto dumping, all'interno della stessa Unione Europea, dove si incentivavano le grandi aziende straniere a spostare presso loro, la sede, per pagare meno tasse a discapito dei paesi d'origine che vedevano ovviamente calare le entrate. 

Sull'immigrazione ogni commento è superfluo.

Altro che Unione, una grande ingannevole Disunione, tenuta su da pubblicità martellanti del tipo " Ce lo chiede l'Europa", di esaltazione del pur ottimo Erasmus, comunque piccolissima cosa, con platea solo studentesca minima, e sottolineatura del valore, certamente importante, della libera circolazione di persone e merci, diremmo soprattutto di merci, in una logica macroeconomica liberista del vantaggio dei grandi interessi su quelli più deboli. Un esempio per tutti le famose quote latte e la concorrenza interna spietata all'agroalimentare italiano.

Sia chiaro, l'Europa era e rimane spazio comune utile e importante, ci sono state anche cose ottime e passi avanti, che solo stando insieme, tanti paesi, come forza, riescono a sortire. Diritti sociali, civili, economici, sana competitività, in alcuni casi si sono pure avuti, ma complessivamente l'Unione era asimmetrica e aveva il solo vero progetto progressivo di sottrarre sovranità e indipendenza agli Stati membri, svuotandoli e indebolendo le loro Costituzioni.

Se l'europeismo e il mondialismo avevano, come appare, questo scopo recondito, è bene siano sconfitti.

E' mai possibile che una Banca Centrale di fatto sia più sovrana degli Stati? E' mai possibile che Capi di Stato o di Governo di paesi esteri decidano se alcuni Ministri del Governo italiano se non addirittura gli stessi Premier siano graditi?

La nostra Costituzione dice testualmente che la Sovranità appartiene al Popolo e a questo non si può derogare mai.

In questa cosiddetta seconda Repubblica, la cui Costituzione si ricordi è sempre la stessa, chi ha governato sempre e solo nell'interesse nazionale dell'Italia e degli Italiani non ha nulla da temere nel giudizio dell'opinione pubblica e dei cittadini. Chi non lo ha fatto risponderà nelle sedi opportune e comunque alla propria coscienza.


Gigi CARTAGENOVA