LA STORIA DELL'ORDINE DEI MEDICI CHIRURGHI

L'Ordine dei Medici nacque con legge istitutiva n. 455 del 10 luglio 1910, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia n. 168 del martedì 19 luglio 1910, dopo anni di travaglio parlamentare e di pressioni sociali.


LA STORIA DELL'ORDINE DEI MEDICI CHIRURGHI


«Niuno medico nuovo, o fisico o cernusico, possa, debba o presumma exercitare l’arte della medicina o medicare in fisica o in cerusica nella città di Firenze, il quale non sarà conventato, se prima non sarà examinato pè consoli medici...». 

Nel 1349 lo Statuto fiorentino dell’Arte dei Medici e degli Speziali traduce in volgare l’editto emanato nel 1224 da Federico II: «Ut nullus (medicus) audeat practicare nisi in conventu publice magistrorum Salerni sit comprobatus...». 

Dopo sette secoli la Legge 22 dicembre 1888, n.5849, la Legge Crispi-Pagliano per «la tutela dell’igiene e della sanità pubblica», dispone all’art.22: «È sottoposto a vigilanza speciale l’esercizio della medicina e della chirurgia...» e, all’art. 23, «Nessuno può esercitare la professione di medico chirurgo... se non abbia conseguito la laurea in un’università del Regno...». Come si vede, è antichissimo il problema dello Stato di garantire ai cittadini la professionalità dei medici per distinguerli da ogni sorta di guaritori, cerusici, fattucchiere e flebotomi, e quello della professione di difendersi da ogni abusivismo o ciarlataneria. 

Nascono così, nella seconda metà dell’Ottocento, gli ordinamenti delle professioni, a partire da quella di avvocato del 1874, fino alla recente istituzione dell’Ordine dei Giornalisti, dei Biologi, degli Psicologi. L’Ordine dei Medici è istituito con la Legge n.455 del 10 luglio 1910 che «fissa norme per gli ordini dei sanitari». È interessante riportarne l’art.8: «Al consiglio amministrativo di ciascun Ordine spettano le seguenti attribuzioni: a) compilare e tenere in corrente l’albo dell’Ordine... e pubblicarlo al principio di ogni anno dandone notifica all’autorità..., b) vigilare alla conservazione del decoro e dell’indipendenza dell’ordine, c) reprimere in via disciplinare gli abusi e le mancanze di cui i sanitari liberi esercenti si rendessero colpevoli nell’esercizio professionale..., d) interporsi nelle controversie tra sanitari e tra questi e i clienti per ragione di onorari..., e) amministrare i proventi dell’Ordine...». 

Quando, dopo la parentesi del regime fascista, che soppresse l’Ordine trasformandolo in sindacato (RDL n. 184 del 5 marzo 1935) questo fu ricostituito con DLCPS n. 233 del 13 settembre 1946; gli furono attribuite, nell’art. 3, le identiche funzioni conferite ai primi del secolo, quando i medici erano meno di ventimila (e restano 23.361 al censimento del 1911, con un’emigrazione di circa 4000 medici nel decennio precedente) e molti Ordini non raggiungevano i trenta iscritti. 

Nel 1999 l’Ordine di Roma ha raggiunto i 33.000 iscritti e i medici italiani hanno superato quota 330.000: la più alta del mondo in rapporto alla popolazione. Ma non è questa la causa principale della attuale discrasia tra funzione dell’Ordine e realtà quotidiana della professione. Nella seconda metà dell’Ottocento si è andata maturando una frattura nel lento evolversi della professione medica. Da un lato l’esplosione della medicina scientifica e l’avvio della rivoluzione tecnologica, dall’altro l’inserimento, nel sistema economico, della medicina ospedaliera e della condotta, in risposta alle esigenze di controllo igienistico della sanità pubblica e alle richieste sociali delle classi emergenti, portano al riconoscimento della dominanza medica nel processo di controllo della salute e, quindi, nell’area delle occupazioni sanitarie. In sintesi lo Stato appaltò ai medici il settore delle cure, ancora mal definito, garantendo ad essi l’insindacabilità dell’operato professionale e l’autonomia dal giudizio esterno, ma riservandosi di intervenire nella sanità attraverso organi propri e, più che altro, il completo controllo dell’istruzione medica. 

All’Ordine italiano sfuggì del tutto la selezione e la formazione dei medici, contrariamente a quanto accadde nelle altre professioni intellettuali. Gli Ordini dei Medici, che all’inizio del secolo erano spontaneamente germinati (si pensi a Milano, Torino, Modena) con una vocazione all’analisi della sanità e della professione, si perderanno in compiti meramente notarili, il cui unico riscatto sarà la costante attenzione alla Deontologia. Ebbene, quelle funzioni dell’Ordine, che dicevamo reiterate nella Legge istitutiva del secondo dopoguerra, sono affatto inadeguate ad affrontare l’ulteriore crisi della storia della medicina, che vive oggi una trasformazione epocale. La tumultuosa evoluzione scientifica (basti pensare all’esplosione delle conoscenze e delle tecnologie mediche), i mutamenti sociali (basti pensare ai moderni sistemi di tutela della salute), i dilemmi dell’etica (basti pensare agli immani problemi sollevati sia dall’avvicinarsi della scienza ai confini della vita sia dalla responsabilità delle scelte nei confronti delle future generazioni), tutto ciò pone i medici e le loro organizzazioni di fronte a un’esigenza di fondo. Poiché è necessario guidare la professione perché non perda di ruolo sociale, cioè di capacità di risposta alle attese della società, non è ulteriormente procrastinabile un confronto interno alla categoria per definire gli strumenti idonei a rendere adeguati i poteri e le attribuzioni dell’Ordine alla tutela dell’esercizio professionale oggi, e richiedere al Parlamento una nuova Legge istitutiva. 


Da www.omceo.me.it


LEGGE 10 LUGLIO 1910, n. 455 (GU n. 168 del 19/07/1910) CHE FISSA NORME PER GLI ORDINI DEI SANITARI. 

(PUBBLICATA NELLA GAZZETTA UFFICIALE N.168 DEL 19 LUGLIO 1910) 

PD: S9100514 URN: urn:nir:stato:legge:1910-07-10;455 


Preambolo

VITTORIO EMANUELE III PER GRAZIA DI DIO E PER VOLONTÀ DELLA NAZIONE RE D'ITALIA IL SENATO E LA CAMERA DEI DEPUTATI HANNO APPROVATO; NOI ABBIAMO SANZIONATO E PROMULGHIAMO QUANTO SEGUE: 

ART. 1. 

IN OGNI PROVINCIA SONO COSTITUITI GLI ORDINI DEI MEDICI-CHIRURGHI, DEI VETERINARI E DEI FARMACISTI INSCRITTI NEGLI ALBI CORRISPONDENTI. OVE IL NUMERO DEGLI INSCRITTI IN UN ALBO NON ARRIVI A QUINDICI, L'ALBO STESSO SARÀ RIUNITO A QUELLO DELLA PROVINCIA FINITIMA CHE SARÀ INDICATA DAL CONSIGLIO SUPERIORE DI SANITÀ. 


ART. 2. 

PER L'INSCRIZIONE NELL'ALBO È NECESSARIO IL GODIMENTO DEI DIRITTI CIVILI E POLITICI E IL POSSESSO DEL DIPLOMA PROFESSIONALE DI UN ISTITUTO DEL REGNO AUTORIZZATO A RILASCIARLO. POSSONO ESSERE INSCRITTE ANCHE LE DONNE CHE ABBIANO IL GODIMENTO DEI DIRITTI CIVILI ED IL POSSESSO DEL DIPLOMA PROFESSIONALE. POSSONO ESSERE INSCRITTI ANCHE I CITTADINI E GLI STRANIERI CHE ABBIANO REGOLARMENTE CONSEGUITO IL DIPLOMA PROFESSIONALE IN UN ISTITUTO DI STATO ESTERO, CHE ABBIA CONCESSO IL DIRITTO DI RECIPROCITÀ PER L'ESERCIZIO PROFESSIONALE AI CITTADINI DIPLOMATI IN ITALIA. POSSONO ESSERE INSCRITTI ANCHE GLI STRANIERI CHE ABBIANO IL GODIMENTO DEI DIRITTI CIVILI E CHE ABBIANO CONSEGUITO IL DIPLOMA PROFESSIONALE IN UN ISTITUTO DEL REGNO AUTORIZZATO A RILASCIARLO. SONO ESCLUSI DALLA INSCRIZIONE TUTTI COLORO CHE, PER SENTENZA PASSATA IN GIUDICATO, SIANO COLPITI DA SOSPENSIONE DELL'ESERCIZIO PROFESSIONALE, PER LA DURATA DI ESSA. 


ART. 3. 

L'ISCRIZIONE NELL'ALBO È RICHIESTA COME CONDIZIONE PER L'ESERCIZIO DELLA PROFESSIONE NEL REGNO E NELLE SUE COLONIE E PROTETTORATI.  PERÒ I SANITARI CHE ABBIANO QUALITÀ DI IMPIEGATO INSCRITTO IN UN RUOLO ORGANICO DI UNA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE DELLO STATO, O DELLE PROVINCIE, O DEI COMUNI, SONO SOGGETTI ALL'EVENTUALE DISCIPLINA DELL'ORDINE SOLTANTO PER CIÒ CHE RIGUARDA IL LIBERO ESERCIZIO; ESCLUSA OGNI INGERENZA DELL'ORDINE STESSO NEI RAPPORTI DEI SANITARI CON LE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI. 


ART. 4. 

NESSUNO PUÒ ESSERE INSCRITTO CONTEMPORANEAMENTE IN PIÙ DI UN ALBO, MA È CONSENTITO IL TRASFERIMENTO DA UN ALBO ALL'ALTRO COLLE MODALITÀ CHE SARANNO DETERMINATE NEL REGOLAMENTO. 


ART. 5. 

LA INSCRIZIONE IN CIASCUN ALBO È SUBORDINATA AL PAGAMENTO DA PARTE DEGLI INSCRITTI DI UN CONTRIBUTO ANNUO PER LE SPESE DI FUNZIONAMENTO DEL RISPETTIVO ORDINE, IL QUALE CONTRIBUTO NON POTRÀ ECCEDERE LE L. 25. 


ART. 6. 

CIASCUNO DEGLI ORDINI PROVINCIALI ELEGGE, AL PRINCIPIO DI CIASCUN BIENNIO, FRA I PROPRI COMPONENTI A MAGGIORANZA DI VOTI ED A SCRUTINIO SEGRETO IL PROPRIO CONSIGLIO AMMINISTRATIVO, CHE SARÀ COMPOSTO DI CINQUE MEMBRI, SE GLI INSCRITTI NELL'ALBO NON SONO PIÙ DI TRENTA, E DI SETTE MEMBRI SE GLI INSCRITTI SUPERANO QUEL NUMERO. 


ART. 7. 

IN OGNI PROVINCIA DEL REGNO I PRESIDENTI DEI TRE ORDINI SONO MEMBRI DI DIRITTO DEL CONSIGLIO SANITARIO PROVINCIALE, NELLA PROVINCIA OVE HA SEDE L'ORDINE. UN RAPPRESENTANTE DI CIASCUNO DEI TRE ORDINI ELETTO DAI PRESIDENTI DEI RISPETTIVI ORDINI DEL REGNO, FA PARTE DEL CONSIGLIO SUPERIORE DI SANITÀ. 


ART. 8. 

AL CONSIGLIO AMMINISTRATIVO DI CIASCUN ORDINE SPETTANO LE SEGUENTI ATTRIBUZIONI: a) DI COMPILARE E TENERE IN CORRENTE COLLE NECESSARIE VARIAZIONI L'ALBO DELL'ORDINE, E DI PUBBLICARLO AL PRINCIPIO DI OGNI ANNO, DANDONE NOTIFICAZIONE ALL'AUTORITÀ GIUDIZIARIA ED ALLE AUTORITÀ AMMINISTRATIVE; b) DI VIGILARE ALLA CONSERVAZIONE DEL DECORO E DELLA INDIPENDENZA DELL'ORDINE; c) DI REPRIMERE IN VIA DISCIPLINARE GLI ABUSI E LE MANCANZE DI CUI I SANITARI LIBERI ESERCENTI INSCRITTI NELL'ALBO SI RENDESSERO COLPEVOLI NELL'ESERCIZIO PROFESSIONALE, FATTE SALVE, IN OGNI CASO, LE ALTRE DISPOSIZIONI DI ORDINE DISCIPLINARE E PUNITIVO CONTENUTE NELLE LEGGI E NEI REGOLAMENTI IN VIGORE; d) DI INTERPORSI, SE RICHIESTO, NELLE CONTROVERSIE FRA SANITARIO E SANITARIO, O FRA SANITARIO E CLIENTE, PER RAGIONE DI SPESE, DI ONORARI O PER ALTRE QUESTIONI INERENTI ALL'ESERCIZIO PROFESSIONALE, PROCURANDO LA CONCILIAZIONE DELLA VERTENZA, ED, IN CASO DI NON RIUSCITO ACCORDO, DANDO IL SUO PARERE SULLE CONTROVERSIE STESSE; e) DI AMMINISTRARE I PROVENTI DELL'ORDINE E PROVVEDERE ALLE SPESE DI FUNZIONAMENTO, COMPILANDO IL BILANCIO PREVENTIVO ED IL CONTO CONSUNTIVO DI CIASCUNA GESTIONE ANNUALE. 


ART. 9. 

CONTRO I PROVVEDIMENTI DEL CONSIGLIO DELL'ORDINE È AMMESSO RICORSO ALL'ADUNANZA GENERALE DELL'ORDINE STESSO. CONTRO LA DECISIONE DELL'ADUNANZA GENERALE PER LE MATERIE CONTEMPLATE SOTTO LE LETTERE A E C DEL PRECEDENTE ARTICOLO È AMMESSO IL RICORSO AL CONSIGLIO SUPERIORE DI SANITÀ. 


ART. 10. 

CON REGOLAMENTO DA APPROVARSI PER DECRETO REALE, A PROPOSTA DEL MINISTRO DELL'INTERNO, SARANNO STABILITE LE NORME RELATIVE ALLE ELEZIONI PER LA NOMINA ED IL RINNOVAMENTO DEI CONSIGLI, ALLE ISCRIZIONI E CANCELLAZIONI NEGLI ALBI, ALLE FUNZIONI DISCIPLINARI, ALLA RISCOSSIONE DEI CONTRIBUTI, ALLA GESTIONE AMMINISTRATIVA E CONTABILE DI CIASCUN CONSIGLIO ED A QUANT'ALTRO OCCORRA PER LA ESECUZIONE DELLA PRESENTE LEGGE. 


DISPOSIZIONE TRANSITORIA. 

ART. 11. 

SONO AUTORIZZATI A CONTINUARE NELL'ESERCIZIO DELLA PROFESSIONE, MA SOLTANTO PRESSO GLI STRANIERI, AI TERMINI DELL'ULTIMO COMMA DELL'ART. 53 DELLA LEGGE 1 AGOSTO 1907, N. 636, TESTO UNICO, I MEDICI ED I CHIRURGHI DIPLOMATI ALL'ESTERO, CHE AL PROMULGARSI DELLA PRESENTE LEGGE SIANO DA OLTRE TRE ANNI INSCRITTI NEI RUOLI DEI CONTRIBUENTI, PER I REDDITI DELLA RICCHEZZA MOBILE, DERIVANTI DALL'ESERCIZIO PROFESSIONALE. ORDINIAMO CHE LA PRESENTE, MUNITA DEL SIGILLO DELLO STATO, SIA INSERTA NELLA RACCOLTA UFFICIALE DELLE LEGGI E DEI DECRETI DEL REGNO D'ITALIA, MANDANDO A CHIUNQUE SPETTI DI OSSERVARLA E DI FARLA OSSERVARE COME LEGGE DELLO STATO. DATA A ROMA, ADDÌ 10 LUGLIO 1910 VITTORIO EMANUELE LUZZATTI. VISTO, IL GUARDASIGILLI: FANI.