IL GIALLO DELLA MORTE DI CAMILLO MILESI FERRETTI

Perché un uomo coraggioso che per ben cinque volte cerca di scappare dal campo di prigionia si sarebbe sparato al suo rientro in Italia a guerra finita? Si è suicidato o è morto di malattia come comunicano i "nobili" famigliari nel manifesto funebre che ne annuncia la scomparsa?

 

Perché un uomo coraggioso che per ben cinque volte cerca di scappare dal campo di prigionia si sarebbe sparato al suo rientro in Italia a guerra finita? Si è suicidato o è morto di malattia come comunicano i "nobili" famigliari nel manifesto funebre che ne annuncia la scomparsa? E ancora: è morto di malattia o è stato....suicidato (leggi ucciso)? Insomma perché è ancora irrisolto il giallo della morte di un uomo coraggioso che dall'India, ai piedi dell'Himalaya, riesce a fuggire per cercare di tornare a combattere magari comandando un altro sommergibile? Che senso ha sostenere che un sommergibilista - avvezzo ai pericoli e che nella sua ultima missione ne ha scampati parecchi – si toglie la vita senza lasciare una lettera d’addio alla famiglia per spiegarne i motivi? E perché la nobile famiglia anziché onorarne la memoria e il suo eroismo non vuol sentir parlare di quel marinaio quasi fosse stato un delinquente?  Questi interrogativi pesano come macigni sulle coscienze di tanta gente ma il giallo prima o poi verrà risolto!

Il conte Camillo Milesi Ferretti, anconetano come il suo compagno di fuga Elios Toschi (poi separatosi da lui), era stato catturato all'inizio della guerra nel 1940. In lui giorno dopo giorno, benché racchiuso tra i reticolati, lo spirito di libertà non è venuto mai meno, una libertà - oserei dire – condizionata. L'eroe non si piega innanzi al periglio o ai nemici. Anzi davanti alle difficoltà si esalta e trae linfa vitale per mostrare la sua pasta d'uomo. Dunque Milesi scappa e la sua odissea che ho narrato nel mio libro e che il comandante Paolo Gulminelli ha riproposto nella ristampa del libro-memoriale di Milesi, scomparso ancor prima di poter vedere la pubblicazione, la sua odissea - dicevo - è simmetrica al suo coraggio e il modo di onorare la divisa che portava. Non sta a me dare la soluzione al giallo della morte di Milesi. Ho provato a chiedere lumi, notizie, particolari a tutti i membri della famiglia. Ma nessuno, sottolineo nessuno, ha voluto onorare la memoria dell'eroico congiunto gridando al mondo intero ciò faceva finta di non sapere. Avessi avuto io un famigliare sì eroico e prode lo avrei segnalato alle nuove generazioni, sarei andato nelle scuole a raccontare come fu catturato. Il suo sommergibile Berillo colpito a morte stava per essere preso da una nave inglese. L'impavido comandante Camillo fece abbandonare il battello e per non farlo finire in mani nemiche lo autoaffondò....Ecco, direi agli alunni, come si comporta un vero leader, un vero comandante: mise in salvo prima i suoi marinai e poi pensò a se stesso! Dunque una cortina fumogena è stata distesa subito dopo la morte del Capitano. Che dire? Vorrei provare sciogliere i nodi di questo giallo. Un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova. La morte per malore (come recita il manifesto funebre) è solo un indizio, la morte per colpo di pistola può essere solo una coincidenza, la morte nel primo e secondo caso coincide anche con la morte del terzo caso e cioè che il colpo di pistola non è stato sparato da Milesi Ferretti ma da qualcun altro. Da chi?

L'unico anconetano e l'unico ufficiale della Marina dell'epoca che si comportò da vero uomo perché era della stessa pasta di MILESI è stato ELIOS TOSCHI che con TESEO TESEI inventò il Siluro a lenta Corsa (SLC), più noto come Maiale. Toschi e Milesi ebbero vita parallela, entrambi anconetani, entrambi marinai, entrambi catturati in missioni ovviamente diverse pochi mesi dopo la guerra, entrambi si ritrovano nel campo di prigionia di Geneifa (Alessandria d'Egitto). Ambedue impavidi nel tentare assieme per 5 volte la fuga anche quando arrivarono in India e a Yol, entrambi per vie diverse tornarono in Italia a guerra finita dopo la fuga. Milesi raggiunto il Portogallo, dopo mille peripezie e stratagemmi degne del miglior Ulisse omerico, venne prelevato con un'auto diplomatica dal fratello ambasciatore in Spagna da dove poi rientrò in Italia. Ma non era più l'Italia monarchica che aveva lasciato, non era più l'Italia mussoliniana ma un paese repubblicano e senza il Re. Fa parte ovviamente degli eventi questo cambiamento ma ciò che lo stordì - quasi fosse stata una bomba di profondità esplosa vicino al suo sommergibile - fu certamente il fatto di NON aver trovato più quella MARINA in cui aveva fortemente creduto. Dovette aver appreso con un senso di nausea la serie di avvenimenti e di alti tradimenti avvenuti al vertice da parte di alcuni ammiragli da poltrona che già allo scoppio del conflitto erano "pappa e ciccia" con quegli inglesi che poi sarebbero divenuti alleati, gli stessi inglesi che catturarono lui e Toschi e migliaia di bravi ragazzi o li mandarono a morte certa. Gli stessi ammiraglioni che furono poi premiati dagli angloamericani per la loro collaborazione e fedeltà canina. Il sommergibilista potrebbe perciò aver chiesto alle alte sfere spiegazioni di quei vili comportamenti. Potrebbe aver pestato i piedi a qualcuno.....Fatto sta che venne trovato con un proiettile in faccia. I famigliari parlarono di morte per malore. Poi si parlò di suicidio... Infine di malattia… Nessuno della nobile famiglia Milesi Ferretti ai quali personalmente ho inviato o consegnato brevi manu copia del mio "Catturati in Africa, internati in India" ha voluto chiaramente esternare ciò che realmente accadde. Anzi qualcuno non si è degnato neppure di ringraziarmi per il libro che gli ho fatto pervenire! E sì che ne ho contattato almeno una decina ma inutilmente. E mi par strano che un ambasciatore quale è stato il fratello di Camillo Milesi Ferretti non abbia voluto almeno scrivere due righe sull'eroico fratello, come pure le nipoti. E c'è financo un parente che ha scritto un libro (I diari della bicicletta: Storie di salotto e di trincea) ma pur avendo materiale per scrivere sul suo congiunto non l'ha fatto! E mi fermo qui perché anche altri nobili parenti non hanno speso una parola per onorare Camillo. Come assordante è stato e lo è tuttora il silenzio dei compagni di Corso di Accademia del valoroso sommergibilista anconetano che si tenta di tramandarlo nell'oblio... Noi non lo permetteremo!


Lucio MARTINO 


Autore del Libro " Catturati in Africa Internati in India" della Eidon Edizioni di Genova.

Immagine del titolo da https://www.aracne-galatina.it/t-v-camillo-milesi/