
Il 10 dicembre 2025 il circolo“'l Caprissi” compie un secolo e mezzo. Nacque per iniziativa di dieci cuneesi rientrati da una vacanza a Nizza, ove avevano conosciuto un'associazione di amici festosi. Ricevettero in visita torinesi giocosi dai quali presero per emblema il “Gadàn”, uno che fa lo scanzonato mentre provvede alla comunità civica, al Paese e al “mondo”. Areligioso, apolitico e senza fini di lucro,“'l Caprissi” appartiene sé stesso. Presieduto da Franco Civallero dal 2017, è un Universo, incardinato sulla “cuneesità” come categoria morale e sull'amicizia dei soci, orgogliosi della sede di loro proprietà in Palazzo Vitale di Pallières, affacciato su Piazza Boves. E' sintesi di storia orizzontale e verticale: “Deus meumque jus...”.
Punti stimati
L'identità e lo scopo di un’associazione sono definiti dal suo statuto. Anche 'l Caprissi di Cuneo ha il suo. Come altri circoli nati nel regno di Sardegna dopo la promulgazione dello Statuto concesso da Carlo Alberto di Savoia (4 marzo 1848) e poi adottato dal regno d’Italia, alla fondazione del circolo i suoi soci probabilmente convennero solo verbalmente regole di comportamento, prima di scriverle. Non ci sono pervenute. Non sappiamo come, quando e perché esse furono “codificate” sull'esempio della miriade di circoli, associazioni, società e istituti che via via presero corpo. Per quanto si sa, in Italia solo la Domus Matha di Ravenna, “associazione di pescatori”, regge da secoli senza disporre né della “carta” originaria, né di altre. Però le norme che 'l Caprissi di Cuneo osservava dalla fondazione erano così radicate e condivise che il 18 dicembre 1937 i suoi soci rifiutarono l'imperiosa richiesta del segretario federale del Partito nazionale fascista di intrupparsi nel “Dopolavoro”. La generalità dei “Capricciosi”, compresi quanti per svariati motivi avevano la tessera (ma non necessariamente la “fede”) dell'unico partito all'epoca legalmente consentito, usavano scegliere da sé dove, come e con chi trascorrere il tempo libero. Non tutto, s'intende, ma almeno una parte. L’Ecclesiaste insegna che per l'uomo «l’unica cosa buona sotto il sole è mangiare, bere e stare allegri» e auspica che «ciò lo segua nelle sue fatiche, durante tutti i giorni di vita che Dio gli concederà sotto il sole» (8,15). I soci del 'l Caprissi dividevano la giornata tra professione o impiego, famiglia e svaghi individuali. Poi vi erano le ore da trascorrere al Circolo. Come? Immersi solitari nella lettura, scambiando parole con gli amici, giocando a carte o a biliardo, progettando cene, balli, viaggi e gare in sede o in pubblico, o semplicemente contemplando lo scorrere del tempo, consapevoli che tutto è vanità, tutto torna nella polvere e, come lo stolto, così muore il saggio. Rimarrà ricordo solo del bene che è stato fatto. Dopo decenni di vita associativa all'insegna della libertà da essi stessi regolata nel rispetto di ciascuno, a chi chiedeva loro di credere, obbedire e combattere su ordini e per motivi non condivisi, i soci risposero sciogliendo il circolo. Si presero la licenza di bighellonare liberamente nella città, da una viuzza a una piazza a un viale, o di trovarsi al caffè o al ristorante, sicuri di stare in serena amicizia. Prima o poi sarebbero tornati “in Circolo”. Come avvenne nell'agosto del 1946: quasi ottant'anni fa. 'L Caprissi rinacque, come l'Araba Fenice. Non apparteneva a un’associazione nazionale o internazionale. Era prettamente locale, cuneese. Nondimeno era universale come il vento, che «soffia dove vuole; tu senti la sua voce, ma non sai da quale parte venga e dove vada» (Giovanni, 4, 19). Così era dei Gadàn del Caprissi, ansian o cravòt: seri e scapigliati, uomini liberi.
Punti fermi
Il 15 dicembre 2009 l'assemblea appositamente convocata dal presidente Marco Allocco, affiancato da Franco Civallero in veste di segretario, all'unanimità dei 58 soci presenti di persona o per delega in poco più di un'ora approvò il nuovo statuto del Caprissi, tuttora vigente. Esso consente di cogliere fisionomia e fini dell’associazione, identici nel tempo al di là delle «mutate esigenze di vita sociale» evocate nel suo articolo 1. «Il Circolo – recita l'articolo 2 – ha lo scopo di procurare ai soci ed alle loro famiglie un centro di ritrovo per conversazioni, letture, manifestazioni culturali, giochi, svaghi e trattenimenti vari, in un clima di sincera e vera amicizia.» L Caprissi, dunque, è uno “spazio”, da vivere e “per vivere” secondo le inclinazioni del momento: assorti in se stessi o uniti in lieti conversari, tra soli soci o con i famigliari. «L’ammissione dei nuovi soci – stabilisce l'articolo 3 – è deliberata dal Consiglio Direttivo che determina di volta in volta le modalità per la presentazione delle candidature, fermi restando i principi» enunciati dallo statuto. «Possono aspirare alla qualità di socio – esso prosegue – le persone aventi l'età di almeno 21 anni», cioè la “maggiore età” che nel regno di Sardegna, come poi in quello d'Italia, abilitava il cittadino a presentare petizioni alle Camere (art. 57 dello statuto albertino). Dal 1848 al 1882 il diritto di voto (solo maschile, all'epoca) venne invece fissato a 25 anni compiuti. «La decisione per l'ammissione definitiva del nuovo socio, dopo un esame preliminare da parte del Consiglio direttivo, spetta al Consiglio dei soci anziani unitamente ai membri del Consiglio direttivo stesso, convocati in apposita riunione dal Presidente del Circolo». Essa è espressa a scrutinio segreto se richiesto da anche uno solo dei presenti ed è accolta se ha il favore di almeno tre quarti dei votanti, «esclusa qualsiasi possibilità di espressione del voto per delega». Il Consiglio dei soci anziani evoca istituti dell'antica Grecia, rinati agli albori dei comuni medievali, bastioni di libertà.
I Soci? “Persone” serie...
Dal 1875 'l Caprissi ha avuto soci esclusivamente maschi. Alla sua fondazione, in Italia come nella generalità dei Paesi che, di qua e di là dell'Atlantico, si valevano di istituti elettivi, il diritto di voto era solo maschile. Erano rarissime le associazioni promiscue. In Cuneo, per esempio, da metà Ottocento vi erano una Società operaia maschile e, parallelamente, una femminile: identiche ma separate. Il 16 maggio 1925, su proposta di Benito Mussolini, capo del governo, la Camera dei deputati conferì alle donne il diritto di voto per l'elezione dei consigli comunali e provinciali. La proposta, non vagliata dal Senato, non divenne legge. Nel 1926-1927 i consigli comunali furono sostituiti con il podestà e quelli provinciali con il preside, a capo del rettorato, entrambi di nomina anziché elettivi, sicché il voto femminile svanì nelle nuvole. Quindici anni dopo, con decreto legge luogotenenziale 25 giugno 1944, n. 151, Umberto di Savoia, principe di Piemonte e Luogotenente generale del regno d'Italia stabilì: «Dopo la liberazione del territorio nazionale le forme istituzionali saranno scelte dal popolo italiano che a tal fine eleggerà a suffragio universale diretto e segreto una assemblea costituente per deliberare la nuova costituzione dello Stato.» “Popolo italiano” e “suffragio universale” contemplarono il conferimento del diritto di voto amministrativo e politico alle donne maggiorenni. Fu esercitato nella primavera del 1946 per l'elezione di migliaia di consigli comunali e il 2-3 giugno seguenti per quella dell'Assemblea costituente e per la scelta della forma dello Stato, sottoposta a referendum anziché affidata alla Costituente. La Costituzione vigente ribadisce la perfetta parità dei diritti politici: «Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età»: soglia successivamente portata al compimento del 18° anno. Essa garantisce anche la piena libertà di associazione dei cittadini nelle forme gradite ai soci «per fini che non sono vietati ai singoli dalla legge penale». Lo statuto del Caprissi non si pronuncia sul sesso delle “persone” che ne fanno parte o aspirano alla qualità di socio. Nel merito non contiene preclusioni. Sono il Consiglio direttivo e il Consiglio dei soci anziani a valutare le candidature proposte da due soci «che personalmente conoscano le doti di serietà, correttezza e moralità del candidato e ne possano far fede». Il Consiglio direttivo, composto da nove membri, tre dei quali con anzianità di appartenenza al circolo di almeno dieci anni e altri tre con anzianità non inferiore a cinque anni, dura in carica due anni ed elegge nel proprio ambito presidente, vicepresidente, tesoriere-economo e segretario. L'organo sociale che differenzia 'l Caprissi dalla generalità di altri circoli e associazioni è sicuramente il “Consiglio dei soci anziani”, la cui denominazione rimanda al tempo nel quale l'anzianità “faceva grado”. Essa era (e dovrebbe rimanere) sinonimo di esperienza vissuta sul campo della vita, di pacatezza e saggezza. Il Consiglio dei soci anziani del Caprissi è composto dai primi cinquanta soci viventi tra quelli elencati in ordine di ingresso dal 10 dicembre 1875. Se dopo il 49° in un certo giorno è stato accolto un “gruppo” anziché un unico socio, tutti quei neo-capricciosi risultano 50° con identica anzianità. Il presidente del circolo presiede di diritto il Consiglio dei soci anziani, mentre i componenti del direttivo vi hanno diritto di parola e di voto. Quale organo consultivo, il Consiglio dei soci anziani non vincola con i suoi pareri quello direttivo, che però è tenuto a esporre all'assemblea i motivi per i quali eventualmente non li accoglie. I suoi compiti specifici sono rilevanti. Esso sostituisce il Direttivo in caso di sua decadenza e «giudica sul comportamento morale e sociale dei soci, sulle infrazioni e scorrettezze di qualsiasi genere da essi commesse in relazione allo statuto ed allo spirito amichevole del circolo» e irroga, se del caso, sanzioni disciplinari, dal richiamo semplice all'ammonizione scritta e persino la radiazione definitiva: misure deliberate in riunioni di almeno 15 membri in prima convocazione e 10 dieci in seconda. Il Consiglio dei soci anziani è dunque l’organo depositario della Tradizione del Caprissi. Tutela l'equilibrio interno e la sua immagine verso l’esterno.
… e padrone di sé
Memore delle trascorse vicende del Circolo, allorché, nel 1938, gli toccò imboccare la via di un compromesso pro bono pacis con l'erogazione dell'ammontare di quote sociali a un’organizzazione (la Gioventù Italiana del Littorio) del regime che aveva sospinto i soci a deliberare lo scioglimento del Circolo stesso, lo statuto vigente disciplina la devoluzione del suo patrimonio «ad altro ente o associazione aventi finalità analoga [ns. corsivo], scelti dall'assemblea straordinaria in occasione della delibera di scioglimento o cessazione delle attività per qualunque causa». Far del bene bisogna, insomma, ma avendo la libertà di sceglierne il destinatario. Nella vita del Caprissi, poi, è centrale l’istituto del referendum. Il suo esito – recita l'articolo 67 – «costituisce espressione della volontà dei soci e, come tale, ove concerna specifici argomenti, vincola il Consiglio direttivo come una normale deliberazione dell'Assemblea generale», che quindi risulta sempre sovrana. A differenza delle elezioni degli organi sociali, le schede referendarie votate dai soci debbono essere firmate, mentre quelle anonime vanno considerate nulle a tutti gli effetti: non per indiscrezione sulle scelte dei soci ma per richiamare al senso di responsabilità, perché il referendum vale come una qualunque votazione assembleare su questioni non vincolate al segreto.
Un unicum nel panorama delle associazioni: con quale storia?
Mezzo secolo addietro, il 27 ottobre 1974 l'Assemblea generale straordinaria del Caprissi deliberò l'articolo 70 dello statuto, che istituì la categoria dei soci benemeriti ed onorari, comprendente gli ottuagenari con almeno 30 anni di ininterrotta appartenenza al Circolo. Essi sono esentati dal pagamento della quota associativa, pur «conservando tutti i diritti, nessuno escluso». Non è prevista, invece, la nomina di soci benemeriti od onorari, per titoli o per «chiara fama». Sotto questo profilo, a differenza di quanto vige nei circoli di servizio (Rotary, Lions e affini), il Caprissi sottolinea la sua peculiarità di “legione sacra”, formata esclusivamente dai suoi associati. Esso risulta un unicum nell'ambito dell'associativismo postunitario non solo cuneese. Per comprenderne identità e scopi al di là del suo statuto, occorre percorrerne almeno sommariamente la storia. Questa si risolve nelle articolate vicende politico-amministrative della città e della Provincia Granda, a loro volta intrecciate con quelle del regno di Sardegna, in specie dall'età franco-napoleonica al primo Risorgimento, e dello Stato unitario. In tale ambito va collocata la specificità dell’Associazione. Apparentemente a sé stante, quasi fosse avulso dal processo storico, in realtà il Circolo visse nel contesto di mutamenti che si riverberarono al suo interno. Nel 1905, un trentennio dopo la fondazione, esso fu sul punto di “chiudere i battenti”. Si riebbe rapidamente, però, e visse una stagione di importanza fondamentale nell'ambito della vita cittadina, sino a quando nel 1937 i soci furono indotti a deliberarne scioglimento e liquidazione, portata a termine nel 1938. Fu la conferma di una delle regole fondamentali della vita o, se si preferisce, “della guerra”. La Storia ci cerca anche se noi non la cerchiamo o ce ne dimentichiamo. Ci investe: a volte con effetti benefici; altre volte irrompe con sciagure. Perciò bisogna imparare a prevederne il corso e a decidere di conseguenza, prima che sia troppo tardi. Occorre «tenere i fianchi cinti e le lucerne accese» (Luca, 11,35). Nel corso degli anni, e soprattutto tra il 1925 e il 1938, i Capricciosi di Cuneo ebbero chiaro che la libertà non viene tutelata rimanendo a occhi bendati. Non furono i soli. In Cento anni di Rotary Club in Cuneo, 1925-2025 viene narrata una vicenda parallela alla loro. A fine dicembre del 1938 il Club cuneese, all'epoca unico per l'intera provincia, deliberò la sospensione delle sedute e la propria liquidazione, in linea con la decisione assunta dal Distretto rotariano d'Italia che poco prima aveva deciso l'autoscioglimento per sottrarsi all'ineluttabile chiusura coatta, quasi fosse una società cospirativa o una reincarnazione della massoneria (da tempo affossata), come veniva asserito dalla frangia più fanatica del partito fascista, tendenzialmente repubblicana. Erano i mesi dell'offensiva mussoliniana contro la “borghesia”, marchiata come esterofila e antipopolare, e dei decreti anticipatori delle leggi antiebraiche: un ciclone iniziato il 14 luglio con la pubblicazione del “Manifesto della razza”.
Per una storia del Caprissi
La cronologia è asse portante della storiografia. Perciò le “ricorrenze”, come i cinquantenari e i loro multipli, risultano meno casuali o pretestuosi di quanto paia. Costituiscono occasione di bilanci sul lungo periodo.Tra questi va collocato il 150° del Caprissi. Le professioni dei soci, sino al 1990 annotate accanto ai nomi, dicono che i suoi dieci fondatori erano sicuramente in età matura quando decisero di raccogliersi in circolo. A quei pionieri si sono susseguite altre quattro generazioni: tempi lunghi, dunque, ma non statici, pur nella costanza degli ordinamenti e dei regolamenti. Tra le priorità del Caprissi vi fu la ricerca dell'ubi consistam, nell'ambito della città. La conquista della sede definitiva, un secolare “ritorno a casa” come nei poemi ciclici, di per sé costituisce capitolo suggestivo di una storia ispirata al caposaldo dell’inviolabilità delle proprietà. Questa è uno dei cardini delle grandi “rivoluzioni” del Sette-Ottocento, ribadito dallo statuto albertino, che all’articolo 29: «Tuttavia, quando l'interesse pubblico legalmente accertato lo esiga, si può essere tenuti a cederle in tutto o in parte, mediante una giusta indennità, conformemente alle leggi.» Non diversamente la Costituzione vigente proclama: «La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti.» L'Italia è dunque una repubblica fondata non solo sul lavoro (art. 1), ma anche sui “proprietari”; non su espropriatori e occupanti abusivi di proprietà private o pubbliche. La documentazione disponibile per un profilo storico del Caprissi si risolve nel novero dei soci, alcuni “quaderni” e fascicoli affollati da spezzoni di “pratiche”, a decorrere dagli Anni Sessanta del secolo scorso. Il primo sessantennio risulta scarno di fonti per lo studio. L'abito del circolo, «assolutamente apolitico e apartitico», ne fa una “associazione di fatto” senza neppure una “missione”. I Capricciosi cuneesi non vogliono “cambiare il mondo” ma conservarlo con scienza e coscienza, all'insegna della regola aurea: “vivi e lascia vivere”. Tale assetto non esclude che esso pratichi la beneficenza. Lo fa con la discrezione che è propria della “provvidenza”: intravvede, accerta e interviene, con garbo ed efficacia. La sua peculiarità di circolo eminentemente ricreativo ridusse allo stretto essenziale i suoi rapporti con le istituzioni pubbliche. Ebbe così il vantaggio di non esporsi a speciale controllo e a interferenze. Nelle relazioni inviate dai prefetti al Ministero per l'Interno, sentiti i questori, le associazioni locali furono classificate ed elencate solo con il nome e il numero (spesso presunto) dei loro componenti, a differenza di quanto annotato per i partiti politici e, dal 1913, per le logge massoniche. Perciò i fondi degli Archivi di Stato locali e quello Centrale, non offrono informazioni sul Caprissi. Poche se ne traggono dall'Archivio storico del Comune di Cuneo, appena citato nell'unica ricerca condotta sulle associazioni cittadine. A conferma del riserbo dell’Associazione e dei suoi soci va rilevato, per inciso, che la meticolosa Guida Oggero per la provincia di Cuneo, pubblicata dal 1908, elencava nomi e direttivi di partiti, federazioni, consorzi, cooperative, ecc., ma, forse per diffidenza verso la sua eccentricità, ignorò l' Caprissi dal novero delle “società, circoli e teatri”, nel quale compaiono invece la Società artisti ed operai, quella del Mutuo soccorso fra le artiste ed operaie (tra i cui consiglieri figurano autorevoli “capricciosi”) e il Circolo sociale. Il 150° del Caprissi può dare impulso alla raccolta coordinata di documenti e di fotografie giacenti tra le carte di famiglia dei soci, a cominciare da quanti ne ebbero e hanno responsabilità direttive. Si porrebbero in tal modo le premesse per una ricognizione storiografica esaustiva di un Circolo circolo venerando, e non solo per l'età, qual è 'l Caprissi.
Aldo A. Mola
DIDASCALIA: “'l Gadàn”, ritratto all'ingresso del “Caprissi” (Cuneo, via Boves, 3). Ci vuole molta auto-ironia a farsi passare per “Gadàn” mentre ci si occupa con serietà, competenza e dedizione alla “Città dell'Uomo”. Sul significato di “Gadàn” v. Dizionario Piemontese-Italiano di Gianfranco Gribaudo, torinese, classe 1934, “ambasciatore di internazionalità”, ed. Centro Studi Piemontesi (2025).