GIUSEPPE PARLATO, "LA FIAMMA DIMEZZATA -  ALMIRANTE E LA SCISSIONE DI DEMOCRAZIA NAZIONALE" (ED. LUNI)

Recensione di Massimiliano Galbiati del libro di Giuseppe Parlato sull'esperienza di Democrazia Nazionale


Ho letto e consiglio vivamente questo libro, che non è il semplice racconto di una storia politica italiana, ormai da almanacco dei tempi che furono, con foto ingiallite dal tempo. In realtà questo testo è un libro documento, con fonti ricercate dal Professor Parlato, storico di prim’ordine, assolutamente valide e imparziali. 

Il tema di fondo verte sul processo di una ricerca identitaria nella Destra dell’epoca che portò allo scontro dialettico e quindi alla scissione politica tra Almirante, capo incontrastato del MSI, e un gruppo di persone, che definirei nobili d’intento, che si proponevano, sul finire degli anni di piombo, di cambiare la visione di una Destra non più nostalgica e ghettizzata ma pronta a lavorare nelle e con le istituzioni ed a lanciarsi, con coraggio, verso le sfide del futuro. Il fior fiore della classe dirigente missina voleva in qualche modo storicizzare il fascismo, allontanandosi da una politica prettamente nostalgica. 

Ma cosa accadde all’epoca? Ecco, in sintesi, i fatti che l’autore espone con dovizia di particolari: nel 1976, poco prima del trentennale della nascita del MSI, si creò all’interno del partito, la contrapposizione tra due correnti principali, quella di Almirante, più legata al passato, e quella di Democrazia Nazionale, che, come accennato in precedenza, cercava di uscire dal quel "ghetto" in cui gli altri partiti avevano di fatto confinato il MSI. 

L'indisponibilità al compromesso manifestato dal capo missino portò alla conseguente scissione, cioè ad una divisione parlamentare, di cui si è sempre parlato poco, ma che fu proporzionalmente la più importante scissione politica della storia repubblicana. Parlano infatti le cifre: la metà esatta dei parlamentari, 17 su 34 alla Camera dei deputati, 9 su 15 al Senato della Repubblica; 13 consiglieri regionali su 40; 51 consiglieri provinciali su 160; 350 consiglieri comunali su 1500 lasciarono il partito. 

A mio parere, gli uomini che lasciarono il MSI furono di alta caratura politica, mai più vista in seguito. Parliamo di Alfredo Covelli, che era addirittura Presidente del Consiglio Nazionale, Achille Lauro, i capigruppo di Camera e Senato Ernesto De Marzio e l’avvocato Gastone Nencioni, Raffaele Delfino, il responsabile del FdG Pietro Cerullo, Massimo Anderson, il segretario della Cisnal Gianni Roberti, il Senatore Mario Tedeschi, direttore del Borghese, l’Ammiraglio Gino Birindelli, il Generale Giulio Cesare Graziani, il Generale delle Ausiliarie della RSI Piera Gatteschi Fondelli, Enzo Giacchero, Angelo Nicosia, Giano Accame, Adriana Palomby e il Nobile Gianino Borromeo d’Adda. 

Fu una scissione di vertice su cui, immediatamente, cadde la condanna di Almirante che considerò “venticinqueluglisti”, quasi traditori prezzolati dalla DC. In realtà non fu così. Giano Accame, anni fa, spiegò la scissione come un desiderio di fare politica, un tentativo sfortunato ma sicuramente anticipatore di altre future suggestioni nell'area della Destra. 

Sarebbe errato derubricare la vicenda ad episodio minore della vita parlamentare italiana. Giuseppe Parlato non dà alcun credito alle voci sulla manovra democristiana. 

“Si arrivò a DN - scrive l’autore - perché c’era stato un progetto dialettico, che durava da vent’anni e che si era incarnato in De Marsanich e Michelini, i quali avevano previsto la possibilità di creare una Destra moderna e non nostalgica." 

Superare lo slogan “non rinnegare, non restaurare”. 

Il tentativo dell’On. Covelli e degli altri era l’unica soluzione per spezzare la contrapposizione, in quegli anni bui, tra antifascismo e fascismo, che troppi lutti stava, nel frattempo portandosi dietro. Significativo fu il sostegno dato da DN al Governo Andreotti e alla politica di “solidarietà nazionale”, condannata dal MSI come accettazione del sistema democratico. Notevole fu l’impegno profuso, nel tentativo di stabilire all’estero, organici rapporti in USA con i Repubblicani, in Francia con i Gollisti e in Germania Ovest con la CSU bavarese. Importante fu il sostegno dato dalla rivista “Il Borghese” per diffondere le proprie idee. 

Per ben comprendere il forte desiderio di convincere l’arco costituzionale, della bontà del proprio modus operandi, di andare oltre il "reducismo", basterebbe, come sottolinea l’autore, rileggere il discorso alla Camera di uno dei leader carismatici di DN , l'On. De Marzio, il quale disse: 

“Chiedendo in nome della pacificazione nazionale, ai vincitori di abbandonare la loro arroganza, avvertimmo anche che per portare il nostro contributo alla pacificazione, dovevamo liberarci del rancore dei vinti” 

Discorso di una lucidità e di una visione impagabili. Infatti, oltre che dentro l’MSI, anche sul fronte avversario vi fu chi ostacolò questo passaggio epocale. Ogni tentativo venne destabilizzato per continuare ad alimentare il tragico gioco dell’essere insieme armati. Avrebbe dato certamente fastidio, una Destra presentabile e ancorata nelle istituzioni. 

Anche se i fatti hanno dato ragione al capo carismatico del MSI, in realtà l’esperienza di DN è importante per approfondire liberamente il tema dell’Identità che ancora tiene banco nell’agone della Destra politica. 

A parer mio, non fu un’esperienza fallimentare, anzi fu prodromica per le future nascite di Alleanza Nazionale e del Popolo delle Libertà. Un tentativo vero per costruire un nuovo soggetto politico moderato e moderno in chiave conservatrice. 

L’idea fu talmente precorritrice dei tempi, che non fu compresa nella sua interezza. L’impostazione politica e culturale di uomini come gli Onorevoli Alfredo Covelli, Achille Lauro o l’Ammiraglio Birindelli si scontrò inevitabilmente con altri settori dell'MSI, ad esempio con quello proveniente da Ordine Nuovo. La scissione non fu infatti una sorpresa. 

Visti i tempi attuali, da monarchico, mi piacerebbe davvero vedere in futuro, nella nostra area politica uno sforzo di vero conservatorismo, per una politica meno di immagine, meno autoreferenziale e più legata ad una certa visione pragmatica dell’esistenza, come ebbero il coraggio di fare i demonazionali mettendo cuore e anima nella loro ardita scelta. 


Massimiliano GALBIATI