Lo Statuto del Regno, più noto come Statuto albertino dal nome del Re Carlo Alberto di Savoia-Carignano che lo promulgò, fu lo statuto adottato dal Regno sardo-piemontese il 4 marzo 1848. Carlo Alberto lo definì come «Legge fondamentale perpetua ed irrevocabile della Monarchia» sabauda. Il 17 marzo 1861, con la fondazione del Regno d’Italia, divenne la carta fondamentale della nuova Italia unita e rimase formalmente tale, pur con modifiche, fino al biennio 1944-1946 quando, con successivi decreti legislativi, fu adottato un regime costituzionale transitorio valido fino all’entrata in vigore della Costituzione della Repubblica italiana, il 1º gennaio 1948.
La festa dello Statuto Albertino fu celebrata per la prima volta il 27 febbraio 1848, dopo che lo Statuto era stato annunciato l’8 febbraio, ma non ancora proclamato. Già festa nazionale del Regno di Sardegna, fu spostata alla prima domenica di giugno e fu estesa alle altre regioni in seguito alle annessioni.
Riportiamo, di seguito, una golosa curiosità relativa ai preparativi per la celebrazione della Festa dello Statuto. Il menù è opera del grande Pellegrino Artusi.
Menù per la Festa dello Statuto
Prima domenica di giugno
Nota di pranzo
Minestre in brodo.
Passatelli di semolino
Fritto
Pollo dorato, con Perine di riso
Umido
Timballo di piccioni
Erbaggi
Fagiuolini con la balsamella
Arrosto
Lombata di vitella di latte, con patate e insalata
Dolci
Torta alla marengo – Gelato di ribes
n. 205. Pollo dorato I
Prendete un pollastro giovane, vuotatelo, levategli la testa e le zampe, lavatelo bene e tenetelo nell’acqua bollente per un minuto. Poi tagliatelo a pezzi nelle sue giunture, infarinatelo, conditelo con sale e pepe e versategli sopra due uova frullate. Dopo mezz’ora almeno di infusione involtate i pezzi nel pangrattato, ripetendo per due volte l’operazione se occorre e cuoceteli a brace in questa maniera: prendete una sauté o una teglia di rame stagnata, ponete in essa olio, o meglio lardo vergine, e quando comincia a grillettare buttate giù i pezzi del pollo facendoli rosolare da ambedue le parti a moderato calore onde la cottura penetri nell’interno.
Serviteli bollenti con spicchi di limone. L’ala di tacchino, che lessa è la parte più delicata, si presta egualmente bene per essere tagliata a pezzetti e così cucinata. La punta del petto e le zampe dei polli, compreso il tacchino, possono darvi una norma della tenerezza delle loro carni perché, quando invecchiano, la punta del petto indurisce e non cede alla pressione delle dita, e le zampe, da nere che erano, si fanno giallastre.
n. 206. Pollo dorato II
Dopo averlo trattato come il precedente, tagliatelo a pezzi più piccoli, infarinatelo, immergetelo in due uova frullate e salate a buona misura; friggetelo in padella, conditelo ancora un poco con sale e pepe, e servitelo con spicchi di limone.
n. 381. Fagiuolini con la balsamella
Lessate i fagiolini in modo che (mediante un cucchiaino di soda) restino ben verdi. Poi soffriggeteli nel burro, ma leggermente onde non perdano il bel colore e conditeli con sale e pepe. Versateci sopra una besciamella scorrevole, ma non troppo copiosa, fatta con panna, burro e farina, e mandateli in tavola con un contorno di pane fritto tagliato a mandorle. Possono servire per tramesso in un pranzo.
n. 581. Torta alla marengo
RICETTA A
Farina, grammi 500.
Zucchero bianco, grammi 220.
Burro, grammi 180.
Lardo, grammi 70.Uova intere, n. 2 e un torlo.
RICETTA B
Farina, grammi 250.
Burro, grammi 125.
Zucchero bianco, grammi 110.
Uova intere, n. 1 e un torlo.
RICETTA C
Farina, grammi 270.
Zucchero, grammi 115.
Burro, grammi 90.
Lardo, grammi 45.
Rossi d’uovo, n. 4.
Odore di scorza di arancio.
Se volete tirar la pasta frolla senza impazzamento, lo zucchero pestatelo finissimo (io mi servo dello zucchero a velo) e mescolatelo alla farina; e il burro, se è sodo, rendetelo pastoso lavorandolo prima, con una mano bagnata, sulla spianatoia. Il lardo, ossia strutto, badate che non sappia di rancido. Fate di tutto un pastone maneggiandolo il meno possibile, ché altrimenti vi si brucia, come dicono i cuochi; perciò, per intriderla, meglio è il servirsi da principio della lama di un coltello. Se vi tornasse comodo fate pure un giorno avanti questa pasta, la quale cruda non soffre, e cotta migliora col tempo perché frolla sempre di più.
Nel servirvene per pasticci, crostate, torte, ecc., assottigliatela da prima col matterello liscio e dopo, per più bellezza, lavorate con quello rigato la parte che deve stare di sopra, dorandola col rosso d’uovo. Se vi servite dello zucchero a velo la tirerete meglio. Per lavorarla meno, se in ultimo restano dei pastelli, uniteli insieme con un gocciolo di vino bianco o di marsala, il quale serve anche a rendere la pasta più frolla.
Da https://ierioggiincucina.myblog.it/2014/06/05/artusi-menu-per-la-festa-dello-statuto/